Dicembre: è tempo di fare il bilancio del 2022 della filiera della pelle. È quello che tratteggiamo sul numero 12 de La Conceria, mensile ora in distribuzione presso gli abbonati. È stato, quello che ci approssimiamo ad archiviare, un anno in chiaro scuro. Praticamente iniziato, d’altronde, sotto i cattivi auspici dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Che cosa è successo? Ci sono molti fermenti, diversi trend e qualche verdetto (non tutti negativi).
Il bilancio del 2022
Il titolo del mensile n. 12 de La Conceria è “Che cosa ci siamo persi”. Già, perché nel corso del 2022 sono venuti al pettine alcuni nodi industriali, come l’articolazione della filiera e, di conseguenza, il ruolo e la funzione stessa del terzista delle griffe. Non solo. Un certo rimbalzo dello stile formale ha permesso a una destinazione d’uso della pelle molto complessa, la calzatura, di vivere una sorta di primavera. Mentre grandi marchi e piccoli atelier analizzano (in un dibattito da cui dipendono cultura e aspettative del pubblico) la definizione di artigiano. Abbiamo assistito a trend e verdetti, dicevamo: il design ha convissuto con le fluttuazioni della nidification (l’orientamento dei consumatori, impresso da lockdown e social distancing, a passare più tempo in casa e quindi a spendere di più per l’arredo), mentre per le alternative vegetali alla pelle è arrivato un fragoroso stop di mercato.
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