Il distretto calzaturiero marchigiano viaggia a rilento dopo il terremoto. “Il problema è far arrivare il prodotto finito dalle aziende terziste alle imprese più grandi per cui la filiera produttiva si rallenta. Stimiamo che il 15% delle imprese nei territori colpiti dal terremoto non possa ancora riaprire” ha detto ieri Alessandro Migliore, direttore di CNA Fermo che, insieme a Confindustria, ha avviato un censimento tra le aziende associate. Come è avvenuto in altri territori in circostanze analoghe, si teme che imprenditori e artigiani tendano ad omettere i danni subiti dalla loro sede aziendale per evitare l’arrivo dell’ordinanza di sgombero per inagibilità e quindi restare senza lavoro, ma correndo il rischio che un’altra forte scossa provochi il peggio. A Montappone, centro famoso per la produzione del cappello, l’arrivo di una dichiarazione di inagibilità del proprio fabbricato ha provocato un suicidio. A Monte San Martino (Macerata) Gabriele Anselmi, titolare del tomaificio Italshoes, ha chiesto al Comune di costruire una casa in legno vicino alla propria azienda per ospitare i dipendenti. La risposta degli uffici tecnici comunali non si è fatta attendere: “Ci vorranno sette mesi”. Ecco perché le associazioni chiedono anche la semplificazione burocratica per far ripartire l’economia. (mv)
TRENDING