Dopo tanti proclami, Donald Trump ha intenzione di dare fuoco alle polveri. Il presidente degli Stati Uniti a fine maggio ha annunciato che a breve (probabilmente entro il 15 giugno) sarà nota la lista di prodotti di importazione cinese da sottoporre a dazio del 25%. In seguito l’inquilino della Casa Bianca ha anche annunciato che le nuove tariffe sull’import di acciaio e alluminio riguarderanno anche i partner commerciali del NAFTA (Canada e Messico) e dell’Unione Europea. L’incubo dell’escalation della guerra daziaria, che fino a marzo ha creato tanti affanni ai player delle due sponde dell’Atlantico e che nelle ultime settimane era scivolata in secondo piano, torna a farsi sentire. A poter subire ricadute negative sono tutti i tasselli della filiera pelle-moda (materia prima, prodotto intermedio e finito) nel triangolo Cina-Vecchio Continente-America del Nord. Da Bruxelles sono arrivate le risposte del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e del Commissario al Commercio Cecilia Malmoström, che minacciano rappresaglie commerciali contro Washington. Il peggiore scenario possibile è ancora attuale: una guerra di dazi che pur non riguardando direttamente il prodotto moda, ne mina il contesto di crescita per l’inasprirsi delle relazioni internazionali.
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