Trump, sicuro che la guerra commerciale convenga? Quando la fece Bush, andò male a tutti

Nel marzo 2002 George W. Bush pose dazi a difesa dell’acciaio statunitense. Nel dicembre 2003 lo stesso presidente USA ritirò la misura. Che cosa ha spinto l’allora inquilino della Casa Bianca a rivedere in appena 20 mesi la sua posizione? Una guerra commerciale su scala globale e la condanna del WTO (World Trade Organizaton). Ma andiamo per gradi. All’indomani dell’adozione della misura protezionistica, le altre potenze siderurgiche mondiali (leggi la Cina) incrociarono i guantoni, mentre la Commissione Europea si preparava a rispondere “con contromisure per oltre 2 miliardi di dollari in grado di colpire” beni di consumo come (anche) “tessile e scarpe”, ripercorre AGI. La vendetta, come dimostra il veloce ripensamento di Bush, fu proficua. Ma il clima di ostilità commerciale ebbe un depressivo sugli interscambi. In una nota, Rossano Soldini, ex presidente ANCI (oggi Assocalzaturifici), biasimava come “a consuntivo 2002 e 2003” si fossero registrate “flessioni attorno al 10%”, in un clima di generale “tensione internazionale” protratto fino al 2004. Fatte le dovute proporzioni, lo scenario ricorda molto quello che si va delineando oggi, quando Donald Trump si prepara a nuove guerre commerciali. Se la storia è “maestra di vita”, come diceva Cicerone, il presidente USA dovrebbe considerare il risultato dei precedenti.

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