Un accordo che alla conceria italiana ed europea lascia l’amaro in bocca. Cecilia Malmström, commissario europeo per il Commercio Estero, ha comunicato con il ministro giapponese degli Esteri Fumio Kishida la definizione dell’intesa politica per il cosiddetto JEFTA, l’accordo di libero scambio tra Unione Europe e Giappone. I negoziati sono durati anni, su La Conceria ve ne abbiamo parlato sul numero 10 del 2017, e l’approdo a un patto definitivo, auspicato entro il 2017, è arrivato inaspettatamente puntuale. Ma per la pelle non è una buona intesa. Stando a quanto si apprende (mancano ancora comunicazioni ufficiali), l’UE ha ottenuto l’abolizione del sistema di quote che regola l’ingresso in Giappone di pelli finite europee. E questa è una buona notizia. Ma al contempo non ha strappato condizioni davvero favorevoli per l’apertura del mercato nipponico ai materiali made in Europe. Secondo l’intesa, ormai definitiva, mentre l’import da Tokyo verso il Vecchio Continente sarà da subito libero, la pelle europea sarà ancora sottoposta a un dazio del 21%, da azzerarsi in maniera lineare nell’arco di 10 anni. Vuol dire che, in attesa della ratifica del trattato dal Parlamento europeo e da quelli degli stati membri (ci potrebbero volere 3 anni), serviranno poi ancora due lustri prima che la pelle europea abbia davvero libero accesso, cioè a dazio zero, al mercato nipponico. Troppo, soprattutto per la conceria italiana, il primo fornitore dell’industria giapponese. È vero che ci sono alcuni aspetti consolatori (il Giappone, ad esempio, chiedeva in prima battuta di fissare il dazio iniziale al 27%), ma la sensazione che si potesse ottenere di più è forte.
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