Anche i veri vegani sono stufi di questo veganwashing

Anche i veri vegani sono stufi di questo veganwashing

Be’, la situazione comincia a essere simpatica. Perché è fisiologico che a noi questo veganwashing non piaccia. Ma è significativo che anche chi nel veganismo crede davvero trovi insopportabili le meschine furberie dialettiche che ci vengono propinate su base quotidiana dagli uffici marketing. Quelle, per intenderci, di chi propone un capo in tessuti sintetici, ma lo etichetta “cruelty free” per ammiccare all’immaginario animalista.

 

 

Non prendiamoci in giro

L’insofferenza rimbalza dalla Francia, dove lo storico e militante Jérôme Segal ha appena dato alle stampe “Veganwashing – la strumentalizzazione politica dei vegani”. Sia chiaro: noi non ne condividiamo l’ideologia antispecista. Ma solo la condanna a chi si pensa più furbo degli altri e cavalca l’onda veg a fini commerciali. Chi? Elon Musk, risponde l’autore a Reporterre, che sulle sue Tesla non monta interni in pelle “non per coscienza ambientale o etica, ma per rifarsi l’immagine”. Oppure tutte quelle imprese (Segal menziona Hertha, attiva nel food) che, pur mantenendo il baricentro del business sui prodotti di origine animale, aggiungono linee “vegan ok” giusto per presenziare la fetta di mercato. Fino al caso dell’IDF (l’esercito israeliano) le cui aperture all’animalismo (ne scrivevamo già a settembre 2022, lontani dai tempi di guerra) non sono mai state foriere di buone cose. Da qualsiasi prospettiva la si prenda, la nostra o quella di Segal, in questo caso la morale è la stessa: ciascuno si faccia gli affari suoi. Ed evitiamo di prenderci in giro.

Immagine generata con Shutterstock

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