“Venti per il gruppo e uno per me”. Sono i nasi rossi, in pelle e non in plastica, commissionati in piena pandemia a Giovanni Balzaretti, mascheraio piemontese (ma con bottega a Livorno), da Hunter Doherty Adams. In altre parole: Patch Adams, il medico americano che ha portato la clownterapia negli ospedali. Una storia che è una piccola fiaba moderna. E per questo, vale la pena raccontarla.
Giovanni Balzaretti
Balzaretti inizia a realizzare i suoi nasi rossi in pelle durante i mesi di lockdown. E ripesca una piccola commissione di un amico clown. Il passo per vederli entrare in corsia è breve. Nasi più morbidi, più confortevoli e anche di colori diversi per i volontari impegnati ogni giorno a far sorridere i bambini negli ospedali. Per esempio, ne realizza uno blu con le stelline per un Mago Merlino. Fin qui, però, siamo ancora in Italia. Come arrivano i nasi di pelle di Giovanni Balzaretti in America?
I nasi in pelle per Patch Adams
Due amici-clienti di Balzaretti (Ginevra Sanguigno e Italo Bertolasi) fanno parte del gruppo di 20 coordinatori internazionali dei volontari di Patch Adams. Il quale vede i nasi e li vuole. L’ordine arriva a Balzaretti con un messaggio Whatspp. “Per un mascheraio lavorare per lui e il suo gruppo è come vincere la Champions League – dice Balzaretti al Corriere Fiorentino -. Non avrei potuto aspirare a niente di più. Patch Adams passerà alla storia per aver inventato una terapia”.
Il lavoro di mascheraio
Intanto il lavoro di mascheraio di Balzaretti continua, con in bottega suo figlio trentenne. Attore di teatro di lungo corso, fino a 4 anni fa interpretava Ettore nell’Iliade del Teatro del Carretto di Lucca. Figlio di artigiani, Balzaretti condivideva il suo tempo anche con gli scenografi. Da qui la scintilla per le maschere. “Durante le tournée, sia in Italia che all’estero, mi ricordo che c’era sempre questa attesa per le maschere nuove. Così ho iniziato a pensare: perché non le faccio io?”
Il legame con la Commedia dell’Arte
Ma come si realizzano questi capolavori in pelle che sono un legame unico con la tradizione della Commedia dell’Arte? “Il procedimento è simile a quello delle scarpe in pelle quando vengono realizzate a mano. Si lavora il cuoio bagnato, inchiodandolo dietro il calco in legno, così, una volta asciutto, è indistruttibile. Il cuoio è eterno, se non si rovina dura più dell’attore. Rispetto alle scarpe, comunque, le maschere sono più difficili. C’è un’anatomia da tenere in considerazione. L’attore deve vederci e respirare bene, in più devono avere un aspetto grottesco. Per esempio, esagerando il naso fino a farlo sembrare un becco, oppure le sopracciglia. Di solito la disegno insieme al cliente, dopo inizio a scolpire il calco in legno e ci inchiodo la pelle. A questo punto convinco il cuoio bagnato a seguire le forme”. Ma l’unicità di queste maschere è data anche da un insieme di altri fattori. “Anche i colori sono creati da me partendo dalle materie prime – conclude Balzaretti -. Proprio come gli utensili, pure quelli li faccio io seguendo la tradizione del Cinquecento. In questo modo dalla bottega escono solo pezzi unici”.
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