Certo, è difficile immaginare luoghi più lontani di un impianto di trattamento di acque reflue conciarie e le Cappelle Medicee di Firenze, un gioiello dell’arte rinascimentale italiana. Eppure c’è. Perché nell’innovativo metodo impiegato dal team di restauratrici e ricercatrici di ENEA (Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Sostenibile) e CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) c’è anche un batterio isolato nei fanghi della conceria Ariston. “Il ceppo batterico – spiega dalle pagine de La Conceria n. 7-8 Anna Rosa Sprocati, ricercatrice di ENEA – si chiama Pseudomonas Stutzeri CONC11 e porta, quindi, le sue origini ancora nel nome”.
Il bio-restauro delle Cappelle Medicee
Sprocati, dicevamo, fa parte del team che lo scorso autunno ha ripulito i monumenti funebri di Lorenzo de’ Medici e di Giuliano de’ Medici dai depositi di diversa natura che li ricoprivano. La notizia, lanciata dal New York Times, ha letteralmente fatto il giro del mondo. Oggetto del restauro, d’altronde è un’opera del XVI secolo dove Michelangelo ha operato da architetto e scultore.
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La circolarità della pelle
Ma se l’intervento presso il monumento funebre rinascimentale ha fatto parlare di sé dipende anche dall’impiego del processo biotecnologico brevettato da ENEA. Processo messo a punto grazie alla presenza, presso il Centro Ricerche di Casaccia (Roma), di una raccolta di oltre 1.500 microrganismi (funghi, alghe e virus restauratori). Incluso il batterio isolato nei fanghi conciari. Sprocati ci ha spiegato il metodo di lavoro del suo team. E le prospettive di sviluppo che coinvolgono anche l’industria conciaria.
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