Nella rassegna stampa della settimana si staglia un filone di notizie che, lo riconosciamo, un po’ ci commuove. Perché si parla dell’identità di Paesi, di prodotti, di comunità. E del ruolo che vi svolge la pelle, come materiale in cui si realizzano manufatti a loro modo tradizionali (di un luogo e/o di uno sport) e come materiale scrittorio per tramandare storie.
Consigli di lettura:
- A proposito dell’identità di Paesi e prodotti, vale la pena partire dal Sudan. Che si riconosce nelle scarpe merkub, modello tradizionale da uomo e donna il cui prestigio varia a seconda della pelle impiegata. E che le merkub artigianali vuole difendere dall’invasione dei grandi brand internazionali, così da tutelare un pezzo della propria storia;
- È una storia ormai archiviata quella del Bailey’s Buildings di Glastonbury (Inghilterra). Nel diciannovesimo secolo era un polo manifatturiero che ospitava una conceria e fabbriche di articoli finiti. Nel novecento si è convertito alla produzione di articoli sportivi, inclusi i guantoni di Cassius Clay. Da quando sono cessate le attività, negli anni ’80, lo stabile è abbandonato a se stesso. Ora l’amministrazione comunale studia il progetto per riportarlo in vita come incubatore di start-up;
- A proposito di articoli sportivi, è interessante appurare che in un mondo dove avanzano (e spesso predominano) i materiali tecnici di natura sintetica, nel cricket le palle si realizzano sempre nella solita pelle made in Scotland;
- Parlavamo in apertura della pelle come materiale scrittorio per tramandare storie. È il caso dei mennoniti del Paraguay, la cui emigrazione del 1926 è raccontata su uno stendardo in cuoio.
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