“Piccolo è bello” non funziona più e le concentrazioni industriali sono trasversali ai settori. Ma aggregarsi nel design presenta alcuni vantaggi in più. Li spiega Andrea Sasso, CEO di Dexelance (ex Italian Design Brand), che riunisce 11 società e 14 marchi. Nata nel 2015, la holding ha conosciuto una crescita del 40% fino alla fine del 2023, di cui il 10% a livello organico e il 30% grazie alle acquisizioni. Ha chiuso l’ultimo bilancio con ricavi a quota 292,3 milioni di euro. L’utile netto è stato di 28,1 milioni di euro rispetto ad una perdita di 5,9 milioni del 2022.
Aggregarsi nel design
Laddove non ci è riuscito il lusso italiano, ci è riuscito il design. Sasso spiega a Repubblica quali sono i vantaggi dell’essere un aggregato di azienda. Non solo sinergie di costi ma maggiore credibilità per partecipare ai contract più importanti. E anche più forza nella distribuzione e nella possibilità di attrarre nuovi talenti. “Come polo abbiamo affrontato con successo pandemia e boom post-pandemia” sono le sue parole. Nel primo trimestre 2024 i ricavi sono cresciuti del 10% (di cui +2% su base organica) in un periodo in cui il settore ha registrato dinamiche negative. La società si dichiara soddisfatta dell’andamento dei primi 5 mesi dell’anno.
Acquisire ancora
La propensione ad aggregare imprese e marchi non si è esaurita. Sasso annuncia nuove acquisizioni, in particolare nell’arredo bagno e nelle superfici (mosaici, marmo e legno), settori che mancano a Dexelance. Inoltre il gruppo punta anche a rafforzare settori in cui è presente come outdoor e illuminazione. Secondo lo stesso Sasso, aderire ad un polo semplifica il passaggio generazionale di Pmi e aziende artigiane. “È un imprenditore illuminato chi cede la maggioranza della sua impresa mettendo al primo posto l’interesse e il futuro dell’azienda” dichiara lo stesso CEO di Dexelance. (mv)
In foto un salotto Turri, brand del gruppo Dexelance
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