Ritorno alla produzione in Italia. Riorganizzazione della supply chain. Costi dei trasporti e, naturalmente, questione energetica. Pasquale Natuzzi, intervistato da La Repubblica Bari, fa il punto sulla concretezza e sul costo del reshoring in pieno periodo di guerra e sulla necessità di rendere autonome le sue realtà produttive. Per esempio, installando pannelli solari.
I costi della logistica
Pasquale Natuzzi ricorda che, nonostante tutto, dopo aver “messo a sedere l’America, ora abbiamo messo a sedere la Cina e il mondo intero”. Ma dal 2019 le cose sono davvero diventate complesse. Natuzzi fa riferimento ai dazi americani a Pechino. “L’Asia, con la Cina in primis, è diventata la fabbrica del mondo. Se i componenti non arrivano dalla Cina le aziende si fermano – sottolinea -: non c’è nulla da fare. È quello che sta accadendo ed è un problema serio. A questo si aggiunga il costo dei trasporti che il più delle volte supera addirittura il valore delle merci da trasportare. Le quali arrivano con estremo ritardo, mettendo in difficoltà i piani di lavoro che abbiamo nelle fabbriche del settore, costrette a fermi di produzione“.
Il costo del reshoring
La scelta di puntare sul reshoring si inserisce nelle “conseguenze” che la guerra in Ucraina sta amplificando. A farne le spese per Natuzzi è, in prima battuta, lo stabilimento in Romania. Da lì le produzioni stanno tornando in Puglia, “ma realizzarle in Italia – sottolinea l’81enne capo della multinazionale del mobile imbottito pugliese – per venderle con il marchio Divani&Divani, ha una differenza di costo del 27%”. Il costo del lavoro è un problema di tutto il made in Italy: “Ridurre gli oneri sociali – spiega Natuzzi a Repubblica Bari – aiuterebbe lo sviluppo di nuove imprese e porterebbe a un reshoring importante dall’Asia. Negli anni Ottanta l’esenzione degli oneri sociali è stata una mossa incredibile dei governi di allora”.
Autonomia energetica
Oggi, però, le aziende devono essere autonome anche dal punto di vista energetico. Pasquale Natuzzi ci vuole provare, riconvertendo un terreno industriale in un impianto fotovoltaico da 40 Megawatt, in partnership con un’azienda tedesca. Ma il blocco imposto dai vincoli paesaggistici tiene fermo il progetto da più di un anno. “Ci renderebbe autonomi dal punto di vista energetico – sottolinea Natuzzi – rendendo molto più competitive le nostre fabbriche“.
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