Attenzione alle etichette e, nel dubbio, non peccare in timidezza con i rivenditori, bensì prendersi il tempo per interrogarli a dovere. Sono i due principali insegnamenti che l’Associated Press dà ai suoi lettori a proposito dell’acquisto di imbottiti. Sul mercato nordamericano, ma anche su quello inglese, le diciture utilizzate dai produttori per indicare i materiali alternativi alla pelle creano confusione (e poi, inevitabilmente, delusione) nel pubblico, al punto che il Washington Post è arrivato a definire il bonded leather “un flagello”. Ora l’agenzia di stampa AP, in un vademecum ripreso da diverse testate canadesi e statunitensi, fornisce ai lettori la bussola per l’orientamento. Prima regola: occhio al “bonded leather”, cioè il rigenerato di fibre di cuoio, perché è il frutto di una seconda lavorazione degli scarti di pelle ed è “tipicamente meno resiliente”, nonché un materiale che “solitamente si crepa e pela”. Giusto ribadirlo. Ma AP mette in guardia anche dall’etichetta “genuine leather”, spesso generica e a volte usata dai produttori per definire lo stesso bonded. Se il consumatore vuole andare sul sicuro, compri “top-grain leather” o “full leather”, cioè pieno fiore: solo allora saprà di comprare vera pelle.
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