“LVMH è ancora indietro nel digitale? Meglio, è un vantaggio”. Lo afferma al South China Morning Post il CEO di 24S, Eric Goguey che non ha dubbi sull’opportunità, o meno, delle aziende del lusso nel vendere online: “Sono convinto al 100% che devi vendere online. Anche se le persone vanno ancora nei negozi di lusso – sono le sue parole –, a non essere presenti online si corre il rischio di chiudere le porte ai giovani clienti. Per loro è naturale rivolgersi al canale digitale”.
Il ritardo digitale “è un vantaggio”
Il South China Morning Post nota come il gigante francese sia stato a suo modo precursore: nel 2000 aveva lanciato eluxury.com. Ora, però, LVMH è indietro sul digitale rispetto a competitor come Yoox Net-a-Porter, Farfetch ed altri. Il gruppo solo nel 2017 ha creato 24 Sèvres (ora 24s.com), portale dove si distribuiscono i prodotti dei marchi della famiglia LVMH, ma anche dei concorrenti. Goguey sostiene che l’essere arrivati tardi ha molti vantaggi: poter disporre di una tecnologia più all’avanguardia è il primo. Si può poi conoscere l’esperienza dei competitor e quindi sapere come reagiscono i mercati e il modo migliore per approcciarli. Da ultimi arrivati, poi, non si devono educare i clienti, trasformandoli da consumatori offline ad acquirenti digitali, “perché lo sono già” afferma Goguey.
Ci sono anche i gap
Non ci sono solo vantaggi. 24S deve scontare un gap in termini di visibilità. Un gap che LVMH, con le sue risorse, non avrebbe difficoltà a colmare, ma “la mia strategia è quella di farlo passo dopo passo e attirare i clienti uno per uno – spiega Goguey –. Questo è il modo di costruire un business a lungo termine, invece di bruciare denaro per acquisire nuovi clienti”. Il gap più penalizzante riguarda il mercato cinese. “Siamo convinti che la Cina sia un mercato molto strategico ma anche il più complesso – conclude Goguey –. Una cattiva strategia con molti soldi non funziona. Vogliamo avere la migliore strategia per ogni mercato, motivo per cui abbiamo deciso di andare prima in Corea del Sud e Germania. Abbiamo visto molti esempi senza successo in Cina…” (mv)
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