Calano la domanda di pelle sia interna (-2,1% in valore) che estera (-4,9%). Il rallentamento generalizzato costringe la concia italiana a fare i conti con un primo semestre del 2016 col freno a mano tirato: il valore della produzione italiana è diminuito del 4,1% in valore. Il fatturato estero vale circa il 75% del giro d’affari complessivo: la Francia è la top performer nel semestre, con importazioni in aumento del 19,2% in valore; sul podio con il mercato transalpino ci sono gli Stati Uniti (+10,1%) e l’India (+18,9%). Male, invece, l’area cinese che, senza differenze fra Hong Kong e Cina continentale, perde il 20,5%. Guardando le ripercussioni sui distretti, quello toscano tiene grazie alla ripresa del vitello, il veneto rallenta la crescita, ma è stabile, mentre il campano accusa il trend cedente della pelle ovicaprina. Se il settore, tornando a una visione di insieme, risulta danneggiato dall’andamento negativo delle grandi pelli bovine, si segnalano i buoni risultati di vitello (di cui si è già detto), suino e rettile. Seguono binari simili gli altri comparti dell’area pelle. Attraversano un trend positivo i produttori di tessuti e succedanei (+1,9%) e di accessori (+1,1%), mentre registra un calo marginale il settore componenti per calzatura. Crolla l’export del rigenerato (-14%), mentre sono stabili suole e fondi e brilla la dinamica del sintetico (+7%). La concia italiana rimane leader globale: rappresenta il 65% del fatturato UE e il 19% di quello mondiale. (rp)
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