L’inchiesta parte, come è giusto che sia, dal paesaggio. Perché “Report dalle fiere: qualcosa è cambiato (forse)”, l’articolo pubblicato sul numero di marzo del mensile La Conceria, parla del cuore pulsante del made in Italy: quello che batteva nei padiglioni degli ultimi Micam e Mipel. “Non c’erano le griffe del lusso, né i brand del lusso accessibile. Non c’erano nemmeno i portabandiera del mass market. C’erano, invece, oltre mille marchi (850 delle calzature e oltre 200 della pelletteria), tra piccoli laboratori artigianali e aziende più strutturate, che aspettano clienti censiti e nuovi nominativi”.
Non si molla mai
“Nel 2024 la scarpa italiana ha toccato il livello produttivo più basso di sempre, 2020 compreso”. Ciononostante, nei padiglioni di Fieramilano Rho si è riconosciuta una rete manifatturiera che non si arrende mai. “L’umore degli imprenditori è apparso in miglioramento – continua l’articolo –. C’è ancora tanto da fare per tornare a vedere i sorrisi, ma quanto meno si è avuta la sensazione che il peggio sia alle spalle. Una volta toccato il fondo, potrebbe essere iniziata una lenta risalita (forse non per tutti)”.
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