Micam: tutto (o quasi) gira ancora attorno alla sneaker e a quello che ne deriva dal produrle oppure no

Sneaker o non sneaker, questo è (ancora) il problema. Con un timore in più: quello che le grandi multinazionali (come Nike, Adidas, Puma) possano incominciare a investire per tentare la scalata alla fascia superiore del mercato calzaturiero. Ieri, il secondo giorno di Micam a Fieramilano Rho, si è chiuso osservando un leggero rallentamento rispetto all’esordio di domenica e all’affluenza di ieri mattina. Ma, soprattutto, ha messo in evidenza come il mercato calzaturiero continui a girare attorno alla sneaker, dimostrando come anche il “non produrla” sia diventato un tratto caratterizzante. Molti brand, per esempio, si sono presentati in fiera puntando sull’heritage e sulla propria identità, escludendo la sneaker o riservandole uno spazio minimo nello stand. Sono aziende che ritengono impossibile crescere con una sneaker no brand made in Italy. E che puntano, quindi, su una nuova idea di eleganza e classicità. A tutto ciò, ovviamente, esiste eccezione e una è rappresentata da Dada, calzaturificio di Grottammare che sta vivendo un’impennata del proprio business proprio grazie alla scarpa sportiva e, quasi, senza far affidamento alle vendite online. Una storia particolare che diventa, per noi, la “storia di oggi”. “Non credo di essere illuminato o migliore di altri colleghi – dice il titolare Valentino Fenni -. Quello che faccio è solo porre grande attenzione agli acquisti, ai costi e ai margini per offrire il made in Italy a prezzo competitivo. Perché cresco ora e non sono cresciuto in passato? Perché oggi il mercato si è uniformato. Le sneaker bianche si vendono in tutto il mondo in qualsiasi stagione. Questa è la faccia bella della medaglia. Il lato brutto è che il mondo si è uniformato anche come capacità di spesa e pagamento” spiega Fenni. La collezione è formata da circa 600 pezzi, quasi tutti nuovi. “Poi all’interno della stessa stagione, apporto delle modifiche che possono andare dal colore dei pellami (made in Italy, ndr) agli accessori”. La struttura è flessibile con 14 dipendenti e alcuni laboratori terzisti locali a cui affida la produzione. Il fatturato, che è cresciuto sensibilmente nel 2018, è generato per il 20% dall’Italia e per il resto dall’export (Francia, Germania e Olanda i principali mercati). “Un’attenzione particolare viene prestata – conclude Fenni – per non incappare nelle cause di contraffazione dei grandi brand. Oggi il pericolo maggiore di chi fa sneaker è questo. Per una piccola impresa, quindi, registrare i brevetti è molto oneroso, ma necessario”. Non a caso, sul “tema sneaker”, ieri Micam ha presentato il progetto Plug Mi: The Sneakers Culture Experience, evento dedicato che si svolgerà durante la prossima edizione della fiera calzaturiera, a settembre 2019. (mv)
Nella foto, un momento della presentazione di Plug Mi

 

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