Oggi si conclude l’edizione (in presenza) numero 100 di Pitti Uomo. Giornata piuttosto calma, dopo le prime due che, invece, hanno soddisfatto gli espositori, partiti con aspettative più cupe. A dimostrazione che tutta la filiera ha una gran voglia di ricominciare a fare business come accadeva prima della pandemia. In attesa che la ripresa possa consolidarsi nei prossimi mesi.
Si chiude l’edizione numero 100 di Pitti Uomo
“Pitti è servito per scandire i tempi alle aziende – dice Arturo Venanzi di Franceschetti – e per comunicare nuovi prodotti e innovazioni. Noi siamo conosciuti per le scarpe in cuoio e vogliamo fare vedere che sappiamo fare anche altro”. Secondo l’imprenditore marchigiano i visitatori sono stati soprattutto italiani ed europei. Come prevedibile, quasi totalmente assenti asiatici e americani. “I russi? Qualcuno c’è stato, ma avendo un limite di tempo per tornare in Patria, preferiscono concentrare i loro affari a Milano”.
(Ri)toccare il prodotto
“Pitti Uomo ci ha dato la possibilità di spiegare il prodotto e tornare a farlo toccare ai clienti. Ciò è indispensabile per un prodotto di qualità difficilmente vendibile solo con una videochiamata” osserva Remo Paolo Papini, fondatore di Manovie Toscane. “Pitti è una spinta per la ripartenza” sintetizza Andrea Granatelli di Green George. Non a caso, Paulo Martins del calzaturificio portoghese Ambitious e Ronan Collin del marchio francese N’go Shoes sottolineano l’apprezzamento per gli sforzi fatti dall’organizzazione per dare loro la possibilità di parlare di persona con i buyer. Nonostante il periodo si sono entrambi detti soddisfatti dell’andamento della manifestazione.
Vivibilità e ripartenza
Anche Silvano Lattanzi dimostra soddisfazione per Pitti che in questa edizione numero 100 è stato “più vivibile. Per gli organizzatori potrebbe essere uno spunto anche per il futuro”. Per Piero Peroni, della storica Pelletteria Peroni Fratelli, una vera ripartenza si avrà solo con il ritorno dei turisti in Italia, “altrimenti resteremo in panne”. L’artigiano fiorentino definisce il periodo attuale “una sopravvivenza del settore” che necessita una accelerazione sulla formazione. (mv)
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