Sipario su Pitti Uomo. Il salone chiude oggi, alla Fortezza da Basso di Firenze, la sua edizione numero 97. Al termine della giornata di ieri, la terza, gli organizzatori hanno tracciato un primo bilancio. “In termini di presenze siamo allineati con i risultati delle ultime stagioni. Che vedono ai primi posti i compratori da Germania, Giappone, Regno Unito, Spagna, Francia”. Poi, “Stati Uniti, Corea, Russia, Cina e gli altri principali mercati europei” ha affermato in una nota Agostino Poletto, direttore generale di Pitti Immagine.
Come un sismografo
“I numeri nudi e crudi ci dicono, ormai, poco o niente sulla reale consistenza di un salone globale come Pitti Uomo – continua Poletto -. Come ha ricordato Claudio Marenzi (presidente di Confindustria Moda e di Pitti, ndr) all’inaugurazione, pochi buyer scelti fanno volumi di ordini paragonabili a quelli che, fino a qualche anno, potevano sostenere centinaia di piccoli negozi”. Pitti Uomo, così, “non è soltanto un salone commerciale”, ma “è un sismografo delle tendenze sociali culturali, che poi si riflettono sui comportamenti di consumo e di comunicazione”.
I commenti
La giornata di ieri ha visto una buona mattinata, ma, come ampiamente previsto dagli espositori, l’affluenza è andata via via scemando. Oggi, nessuno si aspettava grandi cose. In qualsiasi caso, per gli espositori stranieri che vogliono entrare nel mercato europeo, Pitti è diventato irrinunciabile. A testimoniarlo Makoto Shimamura, del brand nipponico di calzature Kanpekina (che utilizza pelli italiane): “Il mercato interno genera l’80% del fatturato. Vendiamo molto bene in Francia e ora vorremmo entrare nel mercato italiano e per questo siamo per la prima volta al Pitti”. Stesso discorso per il marchio francese solidale N’go Shoes. “Siamo presenti in 9 Paesi e abbiamo scelto Pitti per approcciare il mercato italiano” ci hanno detto i due fondatori Ronan Collin e Kevin Gougeon. E così anche per Newlab, altro brand francese di sneaker, che vende in Germania e Spagna e sogna l’Italia. (mv)
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