Il tema è quello (annoso) del perché in Italia non si sia formata una holding del lusso paragonabile a quelle francesi. Secondo Patrizio Bertelli, CEO di Prada, si sono fatti diversi errori, a livello di sistema, di persone, di tempistica. Anche il suo gruppo ne ha fatti, ad esempio con Jil Sander e Helmut Lang, brand che ha acquisito nel 1999 per poi cedere di nuovo a cavallo del biennio 2004-2005.
Gli errori con Jil Sander e Helmut Lang
Bertelli ne ha parlato durante il terzo e ultimo giorno del Milano Fashion Global Summit (nella foto). “Abbiamo sbagliato a lasciare loro la gestione di aspetti come le questioni finanziarie e di distribuzione – sono le sue parole –. Nelle acquisizioni non si fa così”. Non è detto che per il sistema italiano sia tardi per dar vita a un gruppo, anche se non delle dimensioni di LVMH: “Fin qui abbiamo pagato un certo individualismo degli imprenditori – continua –, per questo è importante che certi processi rimangano una questione di aggregazione industriale e non di dominio personale, come lo percepisce qualcuno”.
La necessità delle dimensioni
Il M&A lungo la filiera è una necessità del sistema italiano, soprattutto dei piccoli. Ne è sicuro Bertelli, che d’altronde ha lanciato il suo gruppo proprio in questa direzione. Perché “per acquisire marchi” in ascesa o già affermati “ci vogliono investimenti ingenti”. Prada, invece, preferisce rivolgere le sue risorse verso quelle piccole e medie imprese “che altrimenti, soprattutto sotto il peso della pandemia, rischiano di non farcela: entriamo nel capitale, anche con quote di minoranza, proprio per sostenerle”. C’è un interesse strutturale, ci tiene a precisare Bertelli, anche per le PMI che producono un marchio proprio: “Per essere presenti su tutti i mercati, per approdare sul digitale, per un marketing adeguato ai tempi – conclude –, ci vogliono risorse e strutture enormi che un piccolo non ha, ma può trovare in un grande sodalizio”.
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