Dior è finita nello stesso pantano di Gucci, dice Bernstein

Dior è finita nello stesso pantano di Gucci, dice Bernstein

Dior sta attirando l’attenzione non proprio benevola degli analisti e della comunità finanziaria. Dopo HSBC, anche Bernstein ha qualcosa da dire sulla traiettoria del marchio controllato da LVMH. Che sarebbe finito nello stesso pantano di Gucci, uno dei marchi più in crisi del lusso.

Analogie e differenze

Gli analisti di Bernstein capitanati da Luca Solca partono dal fatto che sia Gucci sia Dior hanno raddoppiato le vendite in meno di cinque anni. Il brand ammiraglio del gruppo Kering è passato da 3,9 miliardi di euro nel 2015 a 8,3 miliardi di euro nel 2018. Dior, secondo le stime Bernstein, è passato da 6,4 miliardi di euro nel 2019 a 11,9 miliardi di euro nel 2023. Ma ora la traiettoria si è invertita. Dior ha registrato un calo a due cifre nel terzo trimestre 2024, mentre Gucci è in frenata da tempo. Il parallelo è possibile, ma c’è una differenza sostanziale tra i due casi: LVMH può assorbire più facilmente la momentanea debolezza di Dior rispetto a quanto possa fare Kering con Gucci.

 

 

Un punto di forza, con limiti

Secondo Bernstein grazie alla sua “ricetta segreta” Kering riesce a far crescere velocemente i marchi. Come? Rendendoli esteticamente più appariscenti. Ma ciò comporta anche dei rischi. Gucci, ad esempio, si era spostato in una posizione estrema con Alessandro Michele. Per cui quando la tendenza moda è cambiata ed è arrivato il “quiet luxury”, spiega Bernstein, Gucci era fuori dai giochi. Mentre ora che con Sabato De Sarno cerca di essere quiet non appare credibile ai clienti “discreti” e non piace più a quelli che amano proposte più fashion.

Nello stesso pantano di Gucci

Intanto, a proposito delle differenze, mentre Dior ha aumentato troppo i prezzi (per inseguire Chanel? si chiede Bernstein), Gucci ancora cerca di alzarli. A proposito delle analogie, entrambi i marchi soffrono di ansia da paragone. Gucci aspira a diventare Louis Vuitton, mentre Dior aspira a diventare Chanel. È una sfida che combattono anche sul piano finanziario e di bilancio. Perché essendo più piccoli di LV e Chanel, entrambi devono svilupparsi più velocemente, ansia che costringe a cercare un proprio (ma rischioso) percorso di crescita.

Occhi su Chiuri

Così come HSBC auspicava l’avvicendamento alla guida di Dior Femme, Bernstein non si dice convinta della bontà della direzione creativa di Gucci né tanto meno di Dior. Per Gucci scrive che “il cambiamento non ha ancora entusiasmato i consumatori. Ci chiediamo se la nuova direzione creativa di Gucci sia corretta”. Mentre Dior è “more of the same” (sempre lo stesso): “Non si sa se Maria Grazia Chiuri resterà o meno” scrive Bernstein. Che poi conclude il report affermando: “Sia Gucci che Dior non sembrano essere vicini a risolvere la loro situazione. Gucci si è impegnata in una significativa svolta creativa e gestionale. Ma questi cambiamenti saranno sufficienti? Sono indirizzati nella giusta direzione? Mentre i piccoli cambiamenti apportati da Dior (l’arrivo di Benedetta Petruzzo e Kim Jones concentrato esclusivamente su Dior) faranno la differenza?”. (mv)

Foto dai social

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