Puma, Adidas e l’effetto CRV. Il primo brand ha rettificato, allungandole, le previsioni temporali sull’effetto del virus. Il secondo valuta 1 miliardo di dollari di vendite in meno nel primo trimestre.
Puma, tempi lunghi
Puma si è dovuta ricredere. “Data la durata della situazione in Cina, l’impatto negativo in altri Paesi asiatici e ora anche la diffusione in Europa e negli Stati Uniti, purtroppo dobbiamo concludere che non si verificherà una normalizzazione a breve termine”, ha affermato il brand (fonte: Footwear News). Puma ha sottolineato l’impossibilità di prevedere e quantificare l’effetto del virus che ha “gravemente” colpito le vendite. Ma ci sono anche due aspetti positivi. Primo: è che queste ultime, comunque, stanno, seppur lentamente, migliorando. Secondo: le attività produttive in Cina (che coprono il 20% della produzione di Puma) si stanno normalizzando. Il marchio spiega che tutte le fabbriche che riforniscono il prodotto finito sono operative dall’80 al 100% della propria capacità. Idem quelle dei fornitori di materiali. Collegamenti e logistica funzionano per cui, “la nostra supply chain globale non è attualmente a rischio a parte piccoli ritardi”.
Adidas, un miliardo
Oltre alle parole, Adidas ci mette i numeri. Il CEO Kasper Rorsted, in un’intervista a CNBC, ha parlato di “dolorosa battuta di arresto”. Adidas prevede che le vendite del primo trimestre saranno in calo di almeno 1 miliardo di euro e che il profitto operativo scenderà tra i 400 milioni e i 500 milioni. Il marchio, nel frattampo, ha archiviato il 2019 con ricavi a quota 23,64 miliardi di euro, +8% a cambi attuali e +6% a cambi costanti. Utile netto: 1,97 miliardi di euro, +15% sul 2018. La Cina rappresenta il 23% dell’export Adidas e fornisce il 19% della produzione del marchio. (mv)
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