Aziende italiane troppo piccole, comprese le grandi giffe. Ma anche dotate di risorse finanziarie insufficienti per procedere agli investimenti necessari per competere. Così la crescita è limitata e il gap con i giganti francesi del lusso aumenta sempre di più. Così, Maurizio Tamagnini (nella foto), CEO di FSI (spin off datato 2016 di Fondo Strategico Italiano), sintetizza lo stato dell’alta gamma nazionale. E dice: “Un polo del lusso in Italia? È sempre possibile. Ci ho provato, ma non è andata bene”.
Così parlò Maurizio Tamagnini
“Tranne Luxottica, le aziende italiane non sono nemmeno medie, sono piccole – ha detto Tamagnini nel corso del suo intervento a Milano Fashion Global Summit -. Il problema della dimensione è conclamato”. Con la pandemia, ha spiegato il CEO di FSI, le aziende grandi (oltre 6 miliardi di fatturato) hanno perso il 14% delle vendite, ma hanno generato il 5% in più di cash flow. Le aziende piccole (fatturato inferiore a 1,5 miliardi) hanno perso il 27% dei ricavi e il 10% di liquidità. “Oggi non vale più la frase ho un bel marchio allora valgo. Vale, invece, l’azienda che riesce a creare valore e cash flow per poter finanziare progetti a medio e lungo termine” ha precisato Tamagnini.
Supremazia francese
Altri dati presentati dal CEO di FSI evidenziano la supremazia transalpina. Per esempio: nel 2014 le prime 3 imprese francesi fatturavano 25 miliardi contro i 16 delle maggiori 15 italiane. Oggi il distacco è 45 a 18. Vuol dire che da un gap del 36% siamo passati al 61% in 6 anni.
Quella volta, nel 2013
Per dimostrare la difficoltà italiana di aggregare un polo del lusso, Tamagnini ha raccontato un’esperienza datata 2013, quando era AD di Fondo Strategico Italiano. Sotto i riflettori c’era Loro Piana che stava per diventare francese. “Abbiamo fatto un incontro a Milano con i responsabili di 10 grandi gruppi italiani a cui abbiamo proposto un progetto di holding. Volevamo solo gettare un seme. Sono nate discussioni belle e vivaci, ma senza un seguito”. (mv)
Leggi anche: