Tramite i Métiers d’Art il gruppo LVMH investe sulla filiera industriale, certo. Ma non è mica facile, nella prospettiva delle PMI e delle realtà artigiane, essere all’altezza di un’operazione di merger: la holding francese ha maglie strette, anzi strettissime. Lo ha spiegato a margine della presentazione dell’hub parigino Le Maine (in foto, da Instagram) il CEO Matteo De Rosa.
Le maglie strette
Qual è il target di LVMH Métiers d’Art? “Sono aziende che lavorano già con il gruppo – risponde De Rosa a MFF –, quindi iscritte nell’eccellenza”. Questa non è una novità: sappiamo, poiché i diretti interessati già lo hanno spiegato, che la holding francese interviene nelle PMI a gestione familiare per favorirne lo sviluppo e assicurarne il ricambio generazionale. Quello che non conoscevamo sono le proporzioni del lavoro di vaglio e selezione. Quali sono i criteri per entrare nei Métiers d’Art? “Facciamo uno scouting enorme – continua il CEO –. Solo in Italia l’anno scorso abbiamo esaminato 100 aziende”. Intervenendo, però, solo in alcune di esse.
Il gruppo
Già perché LVMH Métiers d’Art nell’ultimo decennio è sì cresciuto, ma senza fretta. “Siamo partiti nel 2015 con 80 milioni di fatturato e 2 aziende – racconta De Rosa –. Ora abbiamo 700 milioni e 17 maison, in tutti i continenti”. L’approccio al business rimane invariato: “Nel 90% dei casi acquisiamo l’azienda o diventiamo soci di maggioranza – conclude il CEO –. Per avere un impatto ci vogliono più anni. E i competitor sono benvenuti: il 50% della produzione dei Métiers d’Art è per LVMH e l’altra metà per l’esterno”.
Leggi anche: