Dal corso all’azienda. A Firenze e dintorni chi studia pelletteria, letteralmente, va ruba. Al punto che “qualche ragazzo non ha fatto in tempo a finire il corso, che è stato subito chiamato per iniziare a lavorare”, ci racconta in questa intervista, con soddisfazione, Franco Baccani, presidente dell’Alta Scuola di Pelletteria Italiana di Scandicci.
Chi studia pelletteria va a ruba
Si riferisce agli studenti che hanno frequentato il Corso Base di Pelletteria che si è svolto tra marzo e aprile. Su 21 allievi, 15 sono stati inseriti in stage nelle aziende, 2 continueranno a seguire altri corsi formativi nel settore, 4 sono in attesa di risposta dai colloqui di lavoro fatti. “Questo risultato è un bel segnale di come una formazione efficace e di qualità porti a un bagaglio di competenze utili nel mondo del lavoro – commenta Baccani -. Ma anche di come il rilancio del settore dopo mesi difficili sia in corso”.
Servono risorse
La formazione, però, per poter restare al passo delle esigenze del mercato, ha bisogno di risorse economiche per aggiornare laboratori e macchinari. “Per creare personale formato, pronto ad entrare in azienda, i finanziamenti regionali non bastano. C’è bisogno di un piano strategico”.
La ripresa della pelletteria
“Il lavoro sta riprendendo bene. I dati sono incoraggianti, la ripresa è forte nel settore pelletteria – dice Baccani -. Siamo tutti fiduciosi: le previsioni sono buone sia sulla fine del 2021 che sull’inizio del 2022”. A Scandicci c’è movimento, insomma. E c’è soprattutto per quanto riguarda le griffe. Ma se sono i big brand a ripartire con la produzione, le commesse arriveranno a ruota sull’indotto dei terzisti. “È un effetto a cascata – conferma Baccani -. La maggior parte delle piccole e medie aziende del distretto dipendono dal lavoro delle griffe del lusso”.
Un appello per la formazione
Tra i progetti condotti dall’Alta Scuola di Pelletteria ci sono anche corsi ad hoc per le griffe che hanno in programma nuove aperture in Toscana. Ma la visione di Baccani va ben oltre. “La formazione non dovrebbe essere di un brand o un altro. Dovrebbe essere condivisa. C’è bisogno di una formazione continua, perché i processi cambiano – spiega-. Faccio un appello: abbiamo bisogno di supporto tecnico e finanziario. La formazione è uno dei patrimoni principe del territorio toscano. Il know-how dev’essere territoriale. Ed è un bene che va difeso. Se non investiamo è un disastro”.
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