È Claudio Marenzi, con una battuta, a inquadrare la cornice in cui si svolge il dibattito. Perché quando si parla della “nuova” forza lavoro di cui hanno bisogno le imprese della moda spesso si spinge troppo l’acceleratore sul digitale. Troppo nel senso che il dibattuto si schiaccia sulla dimension virtuale: “Ma, per quanto successo possano avere gli NFT e il metaverso – dice Marenzi, intervenuto al convegno The Future of the Fashion Industry nel duplice ruolo di CEO di Herno e presidente di Pitti Immagine – bisogna ricordare che la gente non si vestirà di pixel”. Al fashion system italiano ed europeo serve, certo, una forza lavoro in grado di governare e reagire alle nuove richieste del mercato, nei termini della sostenibilità e dell’innovazione. Ma in un’ottica chiaramente manifatturiera.
La nuova forza lavoro
“Formazione, sostenibilità, digitalizzazione – continua Marenzi – non sono un semplice trend: il made in Italy rischia di perdere il suo vantaggio competitivo per mancanza di ricambio generazionale”. Il discorso vale per la forza lavoro da inserire nelle aziende. Ma anche per chi nel fashion system già è impiegato e ha bisogno di aggiornamento professionale. È vero anche per l’industria conciaria. “Il nostro è un processo chimico-fisico lungo e complesso, che trasforma uno scarto della zootecnia in un materiale davvero nobile – spiega Graziano Balducci, CEO di conceria Antiba –. Da anni il nostro settore si impegna nel miglioramento delle proprie performance ambientali, come registra di anno in anno il Report Sostenibilità di UNIC. Per fare la sostenibilità è fondamentale la digitalizzazione”.
I big data per la pelle sostenibile
Balducci, che è anche presidente di SSIP, impiega poche parole per spiegarsi: “Con gli strumenti dell’industria 4.0 possiamo raccogliere molti dati sui nostri processi. È solo la capacità di analizzare questi dati, però, che permette di correggere i processi: oltre agli strumenti, serve un personale formato allo scopo”. È un percorso di innovazione che riguarda contemporaneamente il sistema conciario e le singole imprese: “In Antiba da tre anni abbiamo deciso di dare un nuovo indirizzo all’azienda: abbiamo creato una piccola conceria utile alla formazione del personale. Più in generale, in Italia abbiamo presentato un progetto ambizioso per arrivare all’industria a impatto zero”.
Un’esigenza strutturale
Il convegno the Future of Fashion Industry è stato organizzato nella cornice di Pitti Uomo dai promotori del progetto europeo Skills for Smarts TCLF 2030. “Il nostro obiettivo è allestire e mettere a disposizione delle imprese gli strumenti – sintetizza Gustavo Gonzalez – Quijano, segretario generale di Cotance – per rispondere al fabbisogno formativo. Non è solo un fenomeno in accelerazione dopo l’impatto del Coronavirus, ma un’esigenza strutturale dell’industria”.
Il progetto europeo
Il progetto, partito nel 2018, ha coinvolto più di 200 imprese e 20 istituti. “Dalle nostre indagini risulta che oltre il 36% degli addetti nelle aziende europee della moda ha più di 50 anni – conclude Katarzyna Sulisz, policy officer di Euratex –. Prevediamo un orientamento del mercato del lavoro, specie in Italia, verso manodopera altamente specializzata, in risposta alla richiesta del mercato finale di un prodotto di qualità. Bisogna rispondere a queste trasformazioni, rendendo il settore attrattivo per i giovani, che ora come ora non vi vedono un’opportunità di carriera”.
Foto da account Twitter di Cotance
Leggi anche: