Una sedia che riporta nel suo rapporto tra struttura e rivestimento quello che c’è tra scheletro umano e pelle. Per Cab di Cassina il cuoio non è solo un dettaglio estetico, ma un veicolo di identità. Lo ha spiegato Mario Bellini ad Archiportale: quando lavorava nel 1977 al pezzo della collezione Cassina, pensava “un nuovo genere di sedia, tutta in cuoio”, capace di essere a suo modo organica. E, aggiungiamo noi, di sparigliare l’offerta di sedute già esistenti. L’operazione è stata talmente di successo che Cab è “oggi molto clonata”, come dice educatamente Bellini. Mentre la stessa Cassina, come dimostra la collaborazione con Santoni del 2019, continua a tenerne vivo il mito.
Cab di Cassina
“Mi ci sono voluti quasi vent’anni per trovare il coraggio di progettare una sedia – continua Bellini –. Cab è stata progettata semplicemente con un sedile, uno schienale e quattro gambe. Sul telaio in acciaio è stato cucito un abito in cuoio teso come pelle su uno scheletro, in una perfetta simbiosi strutturale e organica”. Dal momento che la pelle è così importante, la sua lavorazione non può essere lasciata al caso. Come ricorda Archiportale, il rivestimento di Cab è composto da 21 parti di cuoio, “fustellate una ad una e successivamente sottoposte a 22 lavorazioni manuali”. Un procedimento di scarnitura consente di assottigliare lo spessore del materiale, mentre una volta eseguite le cuciture “il rivestimento viene calzato su uno scheletro d’acciaio e chiuso con cerniere lampo come un abito sartoriale”.
Il successo
Il successo planetario ha consentito a Cab di entrare a far parte della collezione del MoMA di New York. Nel tempo il modello si è esteso a un più ampio range di prodotti, come il divano, la poltrona e, tra gli altri, lo sgabello. Nel 2019, dicevamo, Cassina ha collaborato con Santoni per presentare tre nuove edizioni coordinate da Patricia Urquiola.
Immagine tratta da cassina.com
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