Il valore dell’export dell’intera area pelle sarà, stando alle previsioni, inferiore ai 5 miliardi di dollari: cioè il peggior risultato dal 2011 a oggi. Intanto i produttori indiani di articoli in pelle, viste le incertezze dell’approvvigionamento dalla filiera nazionale, acquistano i materiali all’estero. E non finisce qui: perché l’oltranzismo religioso del governo Modi (nella foto) non sta mettendo in ginocchio solo la conceria indiana, ma tutta l’agroindustria. Col paradosso che, un Paese a oggi tra i principali produttori mondiali di latte, nel giro di 10 anni potrebbe dover importare anche i prodotti lattiero-caseario. Il Financial Times torna sulla “bizzarra” politica economica del governo Indiano: un esecutivo che, mentre formalmente sostiene la manifattura con incentivi fiscali, dall’altra la distrugge con provvedimenti mossi dall’integralismo religioso. Il contesto è quello delle norme che, partendo dalla tutela della vacca sacra agli Indù, hanno reso difficile, se non impossibile, il commercio e la macellazione di qualsiasi specie bovina in Stati chiave per la zootecnia come l’Uttar Pradesh e il vicino Madhya Pradesh. Un contesto che vede i Cow Vigilantes terrorizzare gli operatori della carne e della pelle. Le ripercussioni? Il quotidiano economico le riassume così: gli allevatori non possono più macellare i capi, neanche quelli anziani, sottraendo la materia prima alle industrie della carne e della pelle. Al contempo, però, gli stessi allevatori hanno difficoltà a ripopolare gli allevamenti, a discapito della produzione di latte. I bovini superflui o in soprannumero di cui gli allevatori non possono più fare un uso proficuo, infine, sono abbandonati alla vita randagia. Ma ciò, rapportato a un colosso come l’India, genera una massa di mucche, bufali e tori allo stato brado, che invade le campagne e distrugge le colture. Il governo Modi, parafrasando il Financial Times, ha trasformato il patrimonio bovino “da un’opportunità” imprenditoriale a “una responsabilità” religiosa. Un autogol.
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