The Leather (re)cycling Exhibition, ieri, si è presentato con un evento pomeridiano. Il laboratorio circolare di Lineapelle 97 in cui vedere e toccare con mano le molteplici attività con cui la filiera della pelle chiude il proprio circolo virtuoso.
Le ragioni del progetto
“Qui abbiamo voluto esemplificare i principali esiti del recupero dei materiali di risulta delle lavorazioni. Un’idea che rappresenta il proseguimento del convegno organizzato durante la scorsa edizione di Lineapelle (in collaborazione con Confindustria, ndr) – spiega Fabiana Orlandi, responsabile del Servizio Ambiente di UNIC – Concerie Italiane -. Perché la conceria italiana fa molto in questo senso, ma forse serve di più dal punto di vista comunicativo”. All’incubatore creato nel Padiglione 14 alcuni dei protagonisti della filiera del recupero hanno descritto i loro casi di eccellenza nel corso dell’incontro “La circolarità nell’industria conciaria”, coordinato da Nicola Camurri, co-fondatore di FEI (Forum Economia Innovazione).
Gli scarti dello scarto
Il primo grande merito di ciascuno dei soggetti intervenuti è quello di aver costruito la propria attività dando valore a ciò che per l’industria conciaria, basata sul recupero di un avanzo della macellazione, è uno scarto. “Noi lavoriamo con i residui proteici delle rasature da cui otteniamo dei prodotti che raffiniamo per ottenere concimi e biostimolanti” ha raccontato Giancarlo Bernini, direttore del Consorzio SGS. Processo parallelo è quello messo in campo da SICIT, che ha sviluppato tecnologie avanzate per il recupero dei residui del carniccio, descritte da Andrea Pavan, responsabile dell’Ufficio Tecnico e Ambiente dell’azienda di Arzignano (Vicenza). A recuperare il sale dalle pelli grezze invece Dal Maso Group. Come ha spiegato il direttore generale Christian Dal Maso, “dopo averlo ripulito da carne, pelo e nylon lo trasformiamo in materia prima utilizzata dai Comuni per il disgelo stradale”. All’impianto del Consorzio Aquarno vengono conferiti dalle concerie i bagni esausti di cromo, il quale viene trattato prima con un processo chimico e poi per filtrazione. “In questo modo – illustra Andrea Giachi, R&S del consorzio – riusciamo a recuperare e arestituire alle aziende l’85% del cromo già utilizzato“.
Nuove frontiere
“Uno dei tanti progetti a cui stiamo lavorando è incentrato sul recupero della pelle finita e dei ritagli di calzature e pelletteria. Vanno naturalmente trattati con un processo chimico per ottenere un prodotto al cromo da riutilizzare. Oppure proteine da destinare all’agricoltura o al processo di finissaggio – illustra il direttore di Po.Te.Co, Domenico Castiello -. Un altro, sviluppato in collaborazione con l’Università di Pisa, è invece dedicato all’ottenimento di coloranti da scarti alimentari come bucce di banana, mallo delle noci o curcuma”.
Video by AndreaBasileWorks