Lo scenario globale del lusso è, in generale, positivo: l’UE cresce del 13% (con exploit italiano), mentre gli USA risentono delle difficoltà dei department store. Ma è la Cina ad accelerare nella maniera più significativa: secondo Bank of America – Merril Lynch, la Repubblica Popolare chiude il 2017 con il +15%. Con una trasformazione non secondaria dello scenario: il rimodellamento dell’architettura dei prezzi da parte delle griffe depotenzia l’attitudine allo shopping turistico, a favore dell’acquisto sul mercato domestico. Il futuro dell’alto di gamma passa da Pechino. È una delle conclusioni cui sono giunti i relatori del Milano Fashion Global Summit, evento organizzato da Class Editore con Camera Nazionale della Moda Italiana. Michele Scannavini, presidente di ICE (l’istituto per l’export italiano), conferma che l’effetto sulle imprese nostrane già si sente: il fatturato (complessivo) nel Paese del Dragone è in espansione del 3-4%. Lo sanno anche le griffe. Secondo Michele Norsa (Ermenegildo Zegna), se già ora un cliente su tre del lusso è cinese, “tra 5-7 anni il rapporto sarà uno su due”.
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