La spesa cinese per i beni di lusso ha raggiunto i massimi livelli. Dove? In Cina, of course. Conseguenza: le griffe hanno superato il picco più alto raggiunto prima della pandemia. Ma devono prestare attenzione all’ascesa dei marchi locali, spinti dalla crescita di quello che gli analisti definiscono China Pride. Un sentimento di orgoglio patrio acuitosi dopo lo scandalo del cotone nello Xinjiang.
A Pechino il lusso vola
L’indice Jing Daily Krane Shares China Global Luxury ha raggiunto il livello più alto di sempre. Elaborato da Jing Daily, tale indice replica la performance del mercato globale del settore del lusso, con particolare attenzione al business realizzato a Pechino. Aprile è stato un mese di costante crescita e si è chiuso con 333,33 punti, nettamente sopra il picco prepandemico di 249,9. Ciò vuol dire che i consumatori di lusso cinesi hanno speso come mai in passato per la moda. Per il secondo mese consecutivo, Kering ha occupato la prima posizione dell’indice. LVMH e Capri Holdings hanno lottato per il secondo e il terzo posto. Decimo Moncler, unica azienda italiana presente in una classifica che ha evidenzia come la tendenza athleisure in Cina si stia ridimensionando.
Attenzione al China Pride
Si chiama Guochao ed è la tendenza che sta attirando i consumatori cinesi verso i marchi nazionali a discapito delle griffe occidentali. Un’ondata di patriottismo esacerbata nelle ultime settimane dalle posizioni assunte nella battaglia per il cotone prodotto nella regione dello Xinjiang. Ma non solo. Questo China Pride è espresso da moltissimi giovani cinesi attratti dalle maggiori capacità digitali e di marketing dei marchi locali, evidenzia un report firmato Credit Suisse. “La forza del proprio marchio rimane elevata in Cina e questo perché sono brand storici e offrono prodotti di qualità migliore” afferma Jesalyn Wong, analista Credit Suisse, al South China Morning Post. Secondo Wong è difficile che entro 3-5 anni, pur elevando il loro livello di qualità, i marchi nazionali potranno confrontarsi con le maison internazionali. Ma, “tuttavia, non possiamo escludere la possibilità che un brand locale possa recuperare tutto il gap”. (mv)
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