Certo, il mondo della moda conosce il gioco delle comunicazioni ad effetto. E qualcuno, magari più cinico, potrebbe derubricare il dibattito sul lusso post-Covid a questo: a una questione di presenzialismo mediatico. Ma Susanna Nicoletti, consulente delle griffe, docente universitaria ed esperta di marketing, invita a un’analisi più attenta. Per le maison d’alta gamma cambiare il tempo del lusso è davvero una priorità. Il punto è capire come, e a che costo, aziende che negli ultimi anni hanno spinto sull’acceleratore della crescita a doppia cifra possono ora riformulare il business model.
Cambiare il tempo del lusso
“Il lusso la smetta di inseguire il fast fashion”. È questo, in estrema sintesi, l’appello lanciato da Giorgio Armani dalle colonne di WWD. Una lettera aperta che, nel pieno della pandemia da Coronavirus, ha costretto gli attori dell’industria globale della moda a interrogarsi sui tempi, le pratiche e l’identità stessa del settore. Un dibattito che, dagli States all’Europa, ha coinvolto tutti, i creativi quanto gli industriali. Al tema dedichiamo la copertina de La Conceria n.6.
Chi ce l’ha un piano?
Per Nicoletti, dicevamo, che si sia deciso di sollevare la questione è un bene. Non è un caso che l’abbia fatto proprio Armani: “Non è solo uno stilista visionario, creatore di mondi. È un imprenditore a capo di un’azienda privata, che non subisce le pressioni della Borsa – dice –. È una personalità autonoma, che non hai mai avuto paura di fare la figura della Cassandra. Ha un piano, che sta già mettendo in pratica. Intervenendo in pubblico, si pone come ispiratore del sistema”. Ma gli altri? Be’, la moda non è monolitica. Ciascuno (a cominciare da Gucci) si muoverà in modo autonomo. L’importante è che si arrivi al risultato, perché “Coronavirus è stato un evento imprevedibile, certo – afferma la consulente –. Ma le variabili fanno parte del gioco: per questo le grandi aziende hanno contingency plan, piani d’emergenza. Che il sistema dell’alto di gamma, per come si era configurato, fosse fragile, era evidente. Era un’auto da corsa lanciata sempre al massimo, nella speranza di non incontrare mai curve improvvise”.
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