Il giro d’affari trimestrale passa da 1,5 a 2 miliardi di euro: in termini percentuali, la variazione rappresenta il +35% su base annua. Il retail diretto rappresenta la fonte dell’83% delle vendite e risulta in crescita in doppia cifra in tutte le aree geografiche: in Asia-Pacifico (dove pure il ceo Marco Bizzarri presume un rallentamento cinese) la progressione vale il +42%, in Europa Occidentale il +25%, in Giappone il +33%. Altrettanto bene vanno gli affari sul canale wholesale, che cresce del 36%, ed e-commerce, su del 68%. I risultati trimestrali di Gucci dimostrano che la griffe guidata da Alessandro Michele è (almeno per il momento) più forte delle incertezze geopolitiche che minacciano di minare le fondamenta del mercato di lusso: nei 9 mesi dell’anno il fatturato risulta essere di 5,9 miliardi di euro, cioè in crescita del 40,8% rispetto allo stesso periodo del 2017 e, soprattutto, a un soffio dal giro d’affari dell’intero anno scorso (6,2 miliardi). Le proiezioni vogliono che Gucci, brand ammiraglio della holding francese Kering, chiuda l’anno a oltre 8 miliardi di euro.
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