Clamorosa svolta nel processo d’appello per la presunta evasione fiscale di Domenico Dolce e Stefano Gabbana. Ieri a Milano il rappresentante dell’accusa, il sostituto procuratore generale Gaetano Santamaria Amato, ha chiesto l’annullamento della condanna a 20 mesi emessa in primo grado per omessa dichiarazione dei redditi, mentre i due stilisti erano stati assolti per il reato (prescritto) di dichiarazione infedele. Le motivazioni presentate dal procuratore nel corso dell’arringa sono pesantissime nei riguardi del giudizio di primo grado, trovando “censurabile” il fatto che il giudice abbia ragionato da “tuttologo che pensa di poter entrare nelle scelte di gestione concreta di un gruppo mondiale”, ma anche le modalità di intervento della Guardia di Finanza, che avrebbe causato “anche un colpo alla credibilità del marchio”. La sede in Lussemburgo non sarebbe una modalità di evasione, perché con questa operazione gli stilisti hanno “pensato in grande, così come si conviene a un grande gruppo italiano che va in Lussemburgo perché il regime fiscale è capace di attrarre capitali, le amministrazioni pubbliche sono efficienti e ci sono molti trattati che regolano la doppia imposizione”. (ag)