Bain: essere superesclusivo, per il lusso, è stato un boomerang

Bain: essere superesclusivo, per il lusso, è stato un boomerang

Il dietrofront del lusso. Il settore sta tornando sui suoi passi: meno rivolto a (pochi) ultraricchi e più orientato a (molti) consumatori aspirazionali. Lo sostiene Claudia D’Arpizio di Bain dopo aver analizzato le ultime fashion week. La strategia di diventare sempre più esclusivo si è scontrata con i numeri ed è stato un boomerang. Ma tornare indietro significa anche correre dei rischi.

È stato un boomerang

Sulle passerelle di Parigi e Milano, Claudia D’Arpizio ha notato meno “elevation” da parte delle griffe. In altre parole, ci sono meno superprodotti da vendere a prezzo altissimo. Anche il quiet luxury, dopo la diffusione delle ultime stagioni, sta tornando nei suoi ranghi. Un altro segnale di come il settore stia attuando un riposizionamento strategico. L’analista di Bain definisce un “errore strategico” quello di alzare i prezzi per corteggiare le classi più abbienti. All’inizio la tattica ha funzionato, ma poi “evidentemente, però, hanno esagerato visto che, da un certo momento in poi, la domanda è cominciata a calare”.

 

 

Un approccio più inclusivo

Nell’analisi condivisa con Il Foglio, D’Arpizio afferma che il settore del lusso chiuderà il 2024 tra lo zero e il +4%, meno peggio rispetto al primo semestre, quando i volumi produttivi delle filiere sono scesi del 10-15%. Non solo. Secondo l’analista il lusso non si può permettere di trascurare la nascente classe media in Cina. Sono 100 milioni di persone che entro il 2030 avranno un reddito di alto livello. Ma il settore deve avere “un approccio più inclusivo”. Tutto ciò, avverte sempre D’Arpizio, comporta comunque dei rischi. Il primo è quello di essere meno protetti dalle crisi economiche, quindi più dipendenti dal reddito delle persone e meno dalla loro ricchezza. Il secondo è quello di ampliare i mercati a livello geografico, puntando sugli emergenti. Per esempio, arrivare in India e nelle Filippine vuol dire accogliere la sfida di adattare le collezioni a questi nuovi mercati. Con una gestione che si complica ulteriormente rispetto a quella attuale. (mv)

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