Chanel fa infuriare anche la federazione francese della pelliccia: certe scelte sono solo “marketing ipocrita”

Di colpi la federazione francese della pelliccia (FFMF) ne ha già subiti troppi. Da quello inferto da Gucci nell’autunno 2017 (il brand non è transalpino, ma è controllato dalla parigina Kering) a quello meno doloroso, ma comunque molesto, assestato di recente da Jean-Paul Gaultier. Che anche Chanel, ora, lasci intendere di essere pronta alla conversione al fur-free, è troppo. Per questo il portavoce di FFMF, Pierre-Philippe Frieh, dalle colonne di Le Monde passa al contrattacco biasimando “l’ipocrisia” di tutti quei marchi e quei direttori artistici che sotto la copertura dell’etica prendono decisioni di marketing” solo perché le cause difese dagli animali “sono mainstream”. Passando ai temi sollevati da Pavlovski, Frieh ribadisce che le condizioni di allevamento e macellazione dei capi in Europa sono molto stringenti e in ogni caso remoti da quello che “inchieste giornalistiche” mostrano sulla Cina. Il portavoce di FFMF spiega che il settore, malgrado tutto, è in salute grazie “alla clientela cinese, coreana e asiatica”, che la pelliccia è un materiale “nobile e duraturo”, dal minor impatto ambientale “rispetto alle alternative sintetiche”. Ancor di più, Frieh annuncia che la pelliccia è stanca di subire le fake news dei detrattori e che è pronta a passare alle vie legali contro chi userà l’arma della diffamazione.

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