In un lusso impegnato nel continuo aggiornamento della propria identità, Maria Grazia Chiuri pone un paletto. O meglio, quando sembra che ci sia sempre bisogno di qualcosa di nuovo, un confine. La designer di Dior stronca le collaborazioni tra griffe. Si dice “assolutamente contraria” a una tendenza che si sta imponendo ai massimi livelli. Se è vero che anche la maison francese si è prestata al giochino delle sneaker cofirmate con Nike, Chiuri disapprova le iniziative come quelle di Gucci e Balenciaga prima e di Fendi e Versace poi, solo per rimanere ai casi più recenti. Certi colleghi più giovani, dice, si comportano da dj, “che campionano e mischiano”. Lei, al contrario, preferisce suonare la “propria musica”.
L’identità di Dior
La riflessione viene a margine della sfilata parigina di Dior, dove protagonista della collezione è stato un certo athleisure. “Lo sport è stato un grande mezzo di emancipazione delle donne – spiega Chiuri (nella foto) a MFF – e credo che ancora oggi lo sia in alcuni Paesi. Questo progetto di Dior prevede la tecnologia dello sport mischiata con la tradizione classica dell’atelier e della manifattura per rinnovarsi”. Questo aprirsi e contaminarsi prelude a collaborazioni con altri marchi, chiede l’intervistatrice. Niente affatto.
Chiuri stronca le collaborazioni
“Io sono assolutamente contraria alle collaborazioni sulla moda – tuona Chiuri –, sono contraria all’uso di celebrities in passerella”. La presa di posizione suona come un rimprovero a quei colleghi che, invece, sulle co-ed puntano molto. Alessandro Michele in primis, che è addirittura teorizzatore di un lusso “open source”, dove le maison si parlano e si contaminano di continuo. “Non sono quella generazione di designer, sono molto all’antica. Ho un modo diverso di lavorare – continua la designer di Dior –. Credo che le collaborazioni appartengano a una generazione più giovane di designer, che ha un approccio alla moda dal mio punto di vista anche un po’ da dj, nel senso che si campiona e si mischia. Noi proviamo a comporre con il sogno di fare una nostra musica”. Più chiaro di così, non poteva.
Immagini da Facebook
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