La giostra di Tapestry non si ferma. Il mese scorso, Liz Fraser è diventata CEO di Kate Spade al posto di Anna Bakst. Da Stuart Weitzman, Giorgio Sarné ha sostituito, nel medesimo ruolo, Eraldo Poletto. Ora, il gruppo americano ha annunciato che Josh Schulman, CEO e presidente di Coach, marchio di punta della multinazionale, è prossimo all’addio. In questa girandola di poltrone, l’unica certezza porta il nome di Jide Zeitlin, amministratore delegato di Tapestry dall’autunno scorso. Nel comunicato diramato dal gruppo, infatti, la società ha annunciato che quest’ultimo resterà in sella per i prossimi 3 anni. La domanda, dunque, sorge spontanea: cosa succede da Tapestry?
La visione di Zeitlin
“Da quando sono diventato CEO – afferma Zeitlin – ho avuto l’opportunità di immergermi nelle dinamiche del gruppo. Compresa la conduzione di un’approfondita revisione dei marchi e delle loro attività. La revisione ha rivelato interessanti opportunità di crescita per Coach, Kate Spade e Stuart Weitzman. Li sbloccheremo sfruttando ulteriormente il posizionamento differenziato di ognuno di loro. Ma anche valorizzando le forti connessioni con i consumatori, grazie a una moderna e agile piattaforma”. L’obiettivo di Zeitlin è quello di far diventare Tapestry “un’organizzazione realmente incentrata sul consumatore e guidata dai dati”.
La conferma creativa
Zeitlin ha implicitamente confermato il direttore creativo di Coach Stuart Vevers. “Non vedo l’ora di collaborare con lui” ha detto il CEO di Tapestry che ha ringraziato Schulman per il suo operato. Per gli analisti di mercato la partenza di Schulman è una sorpresa. Infatti, Coach (che vale oltre il 70% delle entrate complessive di Tapestry) ha performato bene sotto la guida del CEO uscente. “Di recente Schulman aveva indicato a Coach la strada per cogliere le opportunità nel settore calzaturiero con il lancio della collezione CitySoles” fa notare Footwear News. (mv)
Immagini tratte da tapestry.com
Leggi anche:
-
Sei mesi di trincea per Tapestry: Coronavirus costerà 250 milioni
-
Volevano essere LVMH: le difficoltà di Tapestry e Capri Holdings