Cosa sta accadendo nel brand ammiraglio di Kering? Il magic moment di Gucci pare agli sgoccioli. E il suo CEO, Marco Bizzarri, dovrebbe essere il meno sorpreso di tutti, dal momento che aveva avvertito per tempo che la crescita vertiginosa, prima o poi, si sarebbe fermata. Ma forse non si aspettava risultati così opachi. Gucci ha chiuso il 2020 a 7,4 miliardi di euro, cedendo il 21,5% su base comparabile. Nel quarto trimestre, il calo delle vendite è stato del 10,3%, mentre gli analisti si aspettavano un -4%. Perché proprio Gucci ha accusato più di altre griffe di Kering le conseguenze della pandemia?
Il magic moment di Gucci
Il brusco rallentamento sembra non aver colto impreparato il presidente e CEO di Kering. François-Henri Pinault, riporta Vogue Business, ha già individuato la soluzione: il rafforzamento di tutte le categorie “con un focus speciale sulle borse” (che già contribuiscono al 55% delle vendite) e un “assortimento crescente di prodotti di fascia alta per una base di clienti più locale”. Secondo gli analisti, questa strategia aiuterebbe Gucci ad arrivare ad una fascia di clientela più anziana. “Pelli preziose” e “gioielli di fascia alta” sono un’altra opportunità, ha aggiunto Pinault che confida sulle vendite in Cina per ridare brillantezza al cavallo di punta della sua scuderia.
Gli analisti
Secondo gli analisti Gucci ha risentito più degli altri della mancanza di turismo, nonché della tendenza dei consumatori ad acquistare capi basic e meno modaioli. Nella conference call con gli analisti Pinault ha liquidato queste teorie così: “Per me, non è assolutamente una normalizzazione, né un ciclo di moda o altro. Ci sono elementi specifici della crisi, elementi specifici del marchio”. E quali sarebbero? Alcune opinioni sono già emerse. Eugene Rabkin su StyleZeitgeist è spietato: “Trovo Gucci infantile. Ovviamente il suo infantilismo è il nocciolo della sua popolarità, perché gran parte del pubblico della moda oggi è costituito da bambini adulti che hanno zero interesse per qualsiasi cosa al di là della sua superficie. Abiti superficiali per la nostra età superficiale”. Anche la testata cinese Ladymax definisce Gucci “un marchio post-moderno, che incarna una perdita di identità e di significato”. Inoltre, Alessandro Michele, con il suo approccio decorativo, è riuscito ad attirare l’attenzione del pubblico senza però costruire uno zoccolo duro di consumatori fidelizzati. La testata riconosce a Michele la capacità di creare continuamente freschezza ma questo non fa diventare Gucci un marchio classico con prodotti iconici.
Le aspettative
“Ci aspettiamo che la pressione del mercato aumenti su Gucci – afferma l’analista di Bernstein Luca Solca – affinché produca sforzi volti a ripristinare lo slancio”. Il taglio al wholesale, lo sbarco su Tmall, il rumore creato attorno a Gucci Fest, l’alleanza con il sito di rivendita The RealReal, la colab con The North Face sono state le recenti e numerose iniziative intraprese dal marchio. Che è sempre tra i più cercati online. Basterà per l’atteso rilancio? (mv)
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