Uno spartiacque. Drammatico, epocale, inevitabile. E, quindi, fondamentale da interpretare e, per quanto possibile, capire nelle sue conseguenze ed evoluzioni. Quelle connesse alle sfide del lusso, alle scelte di acquisto e ai modelli di comportamento dei suoi consumatori. Tutto ciò lo approfondisce Altagamma nella settima edizione del Consumer and Retail Insight basato sui report analitici di Boston Consulting Group e Bernstein. Morale, in estrema sintesi? Niente sarà più come prima. Non lo sarà, sicuramente, sul breve e medio periodo. E, in una certa misura, anche a lungo termine.
Le sfide del lusso
True-Luxury Global Consumer Insight, è l’indagine presentata da Boston Consulting Group. Il suo managing director, Nicola Pianon, mette in evidenza un dato molto indicativo, per non dire preoccupante: il 57% dei consumatori di riferimento non effettuerà (nel breve periodo) “spese significative”. Chiamiamola “cautela”, in un’ottica ottimistica che vede in un successivo futuro una ripresa della fiducia e, quindi, una ripartenza dei consumi. Anche perché, sempre BCG, spiega che, proprio questa “ripartenza” per il 43% del campione (12.000 interviste worldwide ai cosiddetti Very Important Consumer) non è verosimile nei prossimi mesi. Un sentimento condiviso praticamente in tutto il mondo, con una grossa eccezione: quella cinese. In altre parole, a Pechino il 77% dei consumatori di fascia top credono in una “rapida ripresa”.
Highlight di prodotto
Covid è uno spartiacque negativo, si è detto. Non potrebbe essere altrimenti, visto che, come ha messo in evidenza Altagamma, il lockdown progressivo che ha chiuso in casa il mondo ha stroncato un trend decennale di crescita del lusso che non accennava a rallentare. In altre parole, prima di Covid si stimava un ulteriore rimbalzo al 2022 (tra il +3 e, quasi, il +6%). Post Covid la stima è tragica. Nel solo 2020 si assisterà, infatti, a un crollo compreso tra il 35 e il 45% del lusso personale (che comprende moda e accessori) che sprofonda al -40/-60% in relazione al lusso esperienziale. Ne deriva che a soffrire di più nei prossimi due anni, in termini di prodotto, saranno le categorie “formal shoes”, “handbags”, “small leather goods”. A beneficio, invece, di tutto ciò che rientra in un territorio di consumo esperienziale “più intimo e privato”. Per esempio: il casualwear, compresa, ovviamente, la sneaker.
La sfida dei prezzi
Lusso, stock da “dismettere”, tentazione di scontare tutto per vendere. È uno dei temi più caldi del momento, come ha nei giorni scorsi dimostrato la decisione di Gucci (in scia ad altre griffe) di aumentare i listini di alcuni modelli di borse. Ne ha parlato Luca Solca di Bernstein, spiegando che “se c’è una questione critica per retail di lusso è la convergenza di forze che portano il traffico nei negozi a prezzo pieno a ridursi. I marchi, quindi, stanno cercando di costruire un sistema chiuso per limitare le dispersioni di traffico”.
Aumenta chi può
In pratica, spiega Solca, Gucci & Co cercano di tenersi stretti i “top costumer” per limitarne la tentazione di fare riferimento a soluzioni commerciali basate su promozioni anche molto “hard”. La quali, in questa Covid-Era, sono soprattutto online. Così, “Gucci e altre griffe aumentano i prezzi per far fronte al previsto rallentamento del business. La fanno perché sanno di avere una forte rispondenza da parte del loro consumatore di riferimento”. Conseguenza: nel lusso si apre una nuova forbice. Quella che, da una parte, mette chi può fare “come Gucci” e, dall’altra, chi non se lo può permettere. Capire quale delle due strategie risulterà vincente sul medio periodo è (anch’essa) una delle sfide del lusso.
Foto: Milano, maggio 2020 (Imagoeconomica)
Leggi anche: