Per i brand italiani, e non solo, il 2022 sta chiudendo bene. Anzi, benissimo. Ma ci sono ombre sul 2023, perché malgrado le grandi firme promettano di mantenere lo standard di crescita, le imprese italiane della manifattura si trovano a gestire le tensioni su costi e prezzi. “Sarà necessario calmierare i costi dell’energia a monte della filiera – commenta con MFF Carlo Capasa, presidente di CNMI –. C’è il rischio che le aziende non riescano a stare in piedi”.
Le ragioni dell’ottimismo
Si prendano le parole di Brunello Cucinelli. La sua griffe è forte del +32% nel primo semestre del 2022 (415,4 mln) e si proietta al +15% in tutto l’anno. “La campagna vendite delle primavera – estate 2023 ha dato ottimi risultati – dice a MFF – e questo fa preludere per il prossimo anno un bellissimo primo semestre. Il nostro stato sociale ci ha concesso di non licenziare e di avere strutture produttive pienamente funzionanti alla ripresa. Ora abbiamo bisogno di investire nei giovani”. Non solo Cucinelli. Sul fatto che il 2022 sia stato un anno ottimo per i marchi del lusso abbiamo avuto riscontri in tutte le comunicazioni finanziarie. Ma ora lo conferma anche il report Brand Finance Luxury & Premium 50 2022. In media il valore finanziario dei 50 principali trademark (fissato al primo gennaio 2022), è aumentato del 13% su base annua. Nel particolare le maison della moda (30 marchi che rappresentano il 66% del valore totale del listino) hanno segnato il +21%.
Le ragioni della cautela
Capasa non nega la bontà del 2022. Anzi, ne riconosce la solidità e arriva a dire che “le previsioni per il 2023 vedono una crescita superiore a quella del 2008, il fatturato più alto in venti anni”. Il problema è in questo autunno caldo. CNMI, riporta MFF, ha registrato nel primo semestre il +25%, ma s’aspetta il secondo a crescita zero, con dettaglio in negativo per il quarto trimestre. Bisogna stare attenti, ammonisce Capasa, altrimenti “c’è il rischio che le aziende non riescano a stare in piedi”.
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