Stand-alone is better. “Abbiamo deciso di restare indipendenti per rimanere autentici e creativi”, ha affermato il CEO di Dolce & Gabbana, Alfonso Dolce. La griffe prevede di tornare ai livelli pre-pandemia già quest’anno, nonostante non si sia ancora completamente ripresa dall’epic fail in Cina di tre anni fa. Quest’anno le vendite nella Repubblica Popolare sono salite del 20% rispetto al 2020. Ma rimangono inferiori ai livelli registrati prima del passo falso. Per l’analista Luca Solca l’indipendenza del marchio dipenderà proprio dalla Cina.
L’ultimo esercizio fiscale
D&G ha chiuso l’ultimo esercizio fiscale chiuso a marzo scorso: il fatturato ha perso il 15% (1,16 miliardi di dollari). Ma da aprile in poi la situazione è migliorata grazie alle vendite in Nord e Sud America. Alfonso Dolce (nella foto), fratello del co-direttore creativo Domenico, stima una crescita del 25% nel bilancio che si chiuderà a marzo 2022. Pesa ancora la debacle in Cina. “Parlando in termini assoluti, non abbiamo superato completamente l’incidente – sono le sue parole riprese da South China Morning Post –. Abbiamo recuperato in termini di rapporti istituzionali, anche se soffriamo ancora di qualche animosità tra alcuni gruppi sui social”. Secondo lo stesso manager il marchio è riuscito a mantenere i clienti cinesi esistenti, ma ha faticato a conquistarne di nuovi. La griffe ha circa 1.200 dipendenti in Cina e prevede di aprire presto una nuova boutique a Shanghai.
Lo spartiacque
La Cina rischia di rappresentare lo spartiacque per la volontà di restare indipendenti di D&G. Lo pensa Solca, analista per Bernstein. A suo dire, l’autonomia non ha salvato l’azienda dalla débâcle in Cina, anzi probabilmente ha peggiorato le cose. “Se questo stigma può essere superato allora l’azienda potrebbe rimanere indipendente. Altrimenti, ne dubito”. (mv)
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