Pietro Beccari si definisce un ottimista. E racconta come la sua inclinazione abbia aiutato Dior, la griffe che guida da presidente e CEO, a superare bene il 2020. Non pretende di avere ragione, Beccari. Ma si dice ragionevolmente convinto che la ripresa del mercato è vicina: ci si può aspettare un revenge spending globale, “come c’è stato in Cina”. Dior è pronta. Anche grazie alla manifattura italiana: “Per noi è fondamentale – dice Beccari – continueremo a investirvi”. Anche in integrazioni verticali.
Il revenge spending globale
C’è da dire che Beccari ha le sue buone ragioni per essere ottimista. LVMH non comunica il dettaglio dei risultati finanziari brand per brand. Ma, a margine del bilancio 2020 (-17%) ha parlato di una crescita a doppia cifra per Dior nel secondo semestre. “Nel 2020 abbiamo guadagnato market share in qualsiasi zona del mondo – racconta Beccari a MFF –. Credo che la nostra bravura sia stata l’essere ottimismi: abbiamo acceso i motori del reinvestimento ad aprile. Così nel 2020 abbiamo accorciato di parecchio la distanza con i nostri competitor, nel 2021 vedremo”. Certo, il rilancio non è proprio dietro l’angolo. “Si tornerà a vivere in mezzo agli altri. Ne abbiamo tutti desiderio e bisogno, ma quasi certamente lo faremo con un pizzico di buon senso in più – commenta con il Sole 24 Ore –. La Cina è ripartita, l’Europa lo farà presto”. Per il vero ritorno alla normalità l’appuntamento è per il secondo semestre 2022, quando “il turismo riprenderà a pieno regime”. Quel giorno, “come c’è stato in Cina, scatterà una sorta di revenge spending”.
L’importanza dell’Italia
Il 2 aprile Dior avrebbe dovuto inaugurare il nuovo store in Galleria Vittorio Emanuele a Milano. L’apertura è rimandata. “Aspettiamo che le regole lo consentano – spiega Beccari al Sole –: il contratto per la boutique risale a 18 mesi fa e non abbiamo mai pensato di tornare sui nostri passi. Anzi, credo che sia stato importante portare avanti tutto ciò che era stato programmato, per dare un segnale interno all’azienda ma anche esterno”. Ma, più che per il retail, Dior vede nel Belpaese un asset strategico per la produzione. “Per noi il tessuto imprenditoriale italiano è fondamentale per tutto ciò che ci dà in flessibilità, inventiva, innovazione – conclude con MFF –. Vorremmo rafforzare la struttura italiana in ciò che esiste e in quello che ancora non c’è. Ci saranno investimenti, parlo anche di ristrutturazioni di aziende esistenti, fusioni, integrazioni. Integriamo ogni anno una o due famiglie di artigiani che magari stanno vivendo un passaggio generazionale e sono diventati mono produttori per Dior”.
Leggi anche: