Per Serge Brunschwing (nella foto Imagoeconomica) è un’attrazione fatale. Per Fendi, la griffe di LVMH di cui è CEO, è diventata una missione. Si parla di pelletteria e artigianato. Si parla di come fare a dare forza, continuità e futuro a un settore che, a detta sempre di Brunschwing, vive una pericolosa situazione di criticità. Lo dice forte e chiaro al quotidiano La Repubblica. “L’Italia ha una grande tradizione artigianale portata avanti da piccole imprese famigliari. Ma ora la continuità di questo sistema è in crisi. La natalità decresce e i ragazzi snobbano gli istituti tecnici che offrono tante possibilità di lavoro”.
Fendi è una griffe in missione
La Repubblica elenca i vari progetti lanciati da Fendi per valorizzare il tessuto italiano dell’artigianalità pelletteria. Dal Premio Maestri d’Eccellenza al progetto Hand in Hand di cui più volte abbiamo scritto anche noi. Ma è quando Brunschwing dice la sua che la posta in gioco si alza. Prima di tutto, perché questa crisi vocazionale relativa all’artigianato della borsa ha un riflesso diretto sul business della griffe. In Italia, dice, “la disoccupazione aumenta eppure il nostro stabilimento di accessori a Bagno a Ripoli, vicino a Firenze, potrebbe impiegare 700 persone ma gliene mancano 300”.
Salviamo l’artigianato italiano
Il problema è organizzativo, istituzionale, ma anche culturale e formativo. “Ci siamo passati tutti: qualcuno ci ha insegnato – commenta Brunschwing -. L’eccellenza si acquisisce attraverso il tempo, la pratica, l’esperienza e la perseveranza. Ma soprattutto con la ripetizione e una buona guida“.
Attrazione fatale
L’intervista si chiude con una sorta di outing che finisce per ribadire perché Fendi è una griffe in missione. “La mia prima volta in un negozio di pelletteria mi ha spiazzato. Com’è possibile che ci siano questi prezzi? A me che venivo dalla provincia francese sembrava una follia spendere tutti quei soldi per una borsa. Poi ho capito il lavoro, la fatica, la dedizione e la qualità che ci vuole per raggiungere la perfezione“.
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