Certo, il nome della proprietaria ha fatto la differenza. Perché, intanto, la griffe è la stessa: Yves Saint Laurent. Ma, mentre un abito in velluto bordato di zibellino di Catherine Deneuve è stato battuto per 33.750 euro da Christie’s il 24 gennaio, a pochi giorni di distanza la casa d’aste parigina Cornette de Saint Cyr ha venduto un abito in visone della donna d’affari libanese Mouna Ayoub per 2.576 euro. Le due aste sono abbastanza per far dire a Le Monde che, malgrado le polemiche che spesso accompagnano il materiale, il mercato della pelliccia rimane vivace, vivacissimo. Anche di quella usata.
Parola all’esperto
Quali sono i capi che godono di maggior successo nel second hand market? Le pellicce tinte in verde, blu o rosso (quotate tra i 1.000 e i 2.000 euro), quelle maculate (800-1.500) e l’intramontabile zibellino russo (4.000-6.000), definito “la reine de la fourrure”. Lo spiega a Le Monde l’esperto di moda Dominique Chombert, fondatore della società di consulenza Expertissim. Quello della pelliccia usata è un mercato accorto, dove “la qualità vale più” della griffe, ma non si può negare che la valutazione di un capo Dior o Fendi potrebbe lievitare per il solo appeal della maison. Più importante è la conservazione del capo, che ne determina la possibilità di impiego. Non per tutti, però, è primavera. L’attualità del design gioca un ruolo fondamentale: l’attenzione si concentra sulle pellicce prodotto dopo il 1980, quando gli stilisti hanno investito sul design e le clienti “sono uscite dalla logica che di pelliccia se ne compra una sola, che duri tutta la vita”. Per i capi che, invece, hanno taglio e lavorazioni ormai fuori moda calano sia l’interesse che il prezzo. Non che per questo vadano sprecati: la pelliccia rimane preziosa e durabile. Chombert consiglia di farne “plaid davvero caldi per l’inverno, o gilet da portare sopra i cappotti”.
Risposta alle polemiche
L’impiego di pelliccia nell’alta moda è sottopressione: Le Monde non lo nasconde e Chombert sottolinea come, paradossalmente o forse no, quei marchi “che producono cappucci foderati” ne impiegano in proporzione di più di quanto ne faccia l’alto di gamma. Ne parliamo sul numero 2 de La Conceria, in distribuzione da venerdì 8 febbraio. O meglio: ci e vi interroghiamo se questo trend, che attacca allo stesso modo pelliccia, pelli esotiche e pelle, sia “davvero sostenibile”.
Lo schema
Sul numero 2 de La Conceria vi presentiamo anche Furmark, lo schema di tracciabilità e certificazione della filiera della pelliccia promosso da International Fur Federation. Il progetto federa a livello globale cinque sigle già esistenti, tra le quali l’europea Welfur: l’obiettivo è essere pronti per il 2020.