G-III scala Lagerfeld: se vuole “il miliardo” freni la deriva veg

G-III scala Lagerferld: se vuole “il miliardo” freni la deriva veg

Bene bene. È notizia che G-III Apparel Group con un investimento pari a 200 milioni di euro scala Lagerfeld. Vale a dire che la holding statunitense, che già ne possedeva dal 2015 una quota del 19%, liquida i soci e sale al 100% del brand fondato dall’omonimo stilista. Ecco, la nuova proprietà ha un ambizioso piano per portare il giro d’affari di Karl Lagerfeld a 1 miliardo di dollari entro cinque anni. Avanziamo una modesta proposta: argini la deriva vegana che ha segnato il corso della maison dalla scomparsa del fondatore. E la riporti a un’idea di moda di qualità, fatta con qualità.

G-III scala Lagerfeld

Dunque, G-III era nel capitale di Lagerfeld dal 2015, da quando cioè ne prese in carico l’espansione in Nord America. Ora il gruppo, come riporta Le Figaro, si prende il restante 81% da Amlon Capital, Apax Partners, PVH e dal miliardario Silas Chou. G-III crea e commercializza le collezioni per i suoi marchi (Villebrequin, Donna Karan New York e, da settembre, Sonia Rykiel) e per quelli in licenza. Nel 2021 il suo business valeva 2,8 miliardi. Ora vuole fare di Karl Lagerfeld il suo brand ammiraglio. Confermando Pier Paolo Righi presidente e CEO, intende triplicarne il giro d’affari, portandolo dagli attuali 375 milioni al miliardo. Come? Investendo in boutique e nel wholesale, nonché nel digitale e nell’espansione di nuove categorie di prodotto (profumi, Kids, hotellerie e bijoux).

 

 

Una modesta proposta

Chi si occupa di moda ricorda bene quanto Karl Lagerfeld in persona amasse i materiali animali. E quanto li abbia non solo usati, ma difesi per tutta la sua carriera. Ecco, noi saremo osservatori di parte, ma non possiamo sorvolare sul fatto che da quando è scomparso lo stilista (febbraio 2019) il brand che porta il suo nome ha preso una traiettoria veg a dir poco eterodossa. Prima ha bandito la pelliccia e le pelli con pelo lungo. Poi ha introdotto quei materiali alternativi che si vantano tanto di essere sostenibili perché “bio-based”, ma che poi hanno bisogno di rincorrere (vanamente) la pelle, quella vera e naturale, sul piano dell’aspetto e delle prestazioni. La nostra modesta proposta ai vertici di G-III, allora, è di portare sì il brand lungo nuovi percorsi, ma senza tradire la sensibilità dello stilista che lo creò.

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