Un vestito di Hugo Boss, venduto a 500 euro a Berlino, arriva a costarne fino a 900 a Beijing. Differenza eccessiva tra Europa e Cina, che la griffe tedesca ha deciso gradualmente di ridurre, avviando una politica di riallineamento dei prezzi come annunciato dal direttore finanziario Mark Langer. Gli scontrini delle collezioni primaverili sono stati ridotti del 20% e saranno ribassati di un ulteriore 10% nella seconda metà del 2016. Le vendite cinesi, però, risentono non solo dei prezzi più alti, ma anche della crisi domestica, per cui Hugo Boss ha previsto la chiusura di almeno 20 dei 145 store che possiede in Cina. L’obiettivo è il ridimensionamento della rete degli outlet e il potenziamento del commercio diretto e online. Il dividendo 2016 dovrebbe restare invariato (3,62 ad azione) sebbene il valore del titolo sia oggi inferiore del 27%. L’azienda tedesca, il cui capitale è in maggioranza detenuto dalla famiglia Marzotto, non ha ancora nominato il successore del ceo Claus-Dietrich Lahrs, che si è dimesso lo scorso 25 febbraio. (pt)
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