L’Italia è la nazione più rappresentata. La Francia, però, è quella che vale di più e mostra la crescita più dinamica. Intanto, in generale, i dati confermano come nel lusso la dimensione stia diventando discriminante. Secondo il report Global Powers of Luxury Goods di Deloitte, nel 2019 il lusso è cresciuto meno dell’anno precedente. E si sta concentrando sempre di più in poche mani. Al punto che, da sola, la top 10 vale il 50% della top 100.
La top 10 vale il 50% della top 100
Le dieci maggiori società del lusso valgono più della metà delle vendite delle prime 100. È la prima volta che questa barriera viene superata. I dati presi in considerazione da Deloitte sono relativi al 2019. Complessivamente, le 100 aziende in graduatoria hanno realizzato un fatturato di 281 miliardi di dollari. In altre parole, il +8,5% sul 2018, anno in cui l’incremento era stato del 10,8% su quello precedente.
I soliti noti (o quasi)
In vetta alla classifica ci sono i soliti noti: LVMH e Kering. Poi arrivano Estée Lauder e Richemont. Chanel scivola al quinto posto, scavalcata da L’Oréal Luxe. Al nono posto c’è il gruppo PVH, mentre Hermès è fuori dalla top ten. Delle 100 società in classifica, il 22% è italiano, per un peso sul valore complessivo (a livello di vendite) del 12,4%. Sul gradino più alto del podio tricolore c’è EssilorLuxottica (settimo posto assoluto), seguito da Prada (19esimo) e Giorgio Armani (26 esimo). Moncler è l’azienda con le performance complessive più costanti. Per tre anni consecutivi ha fatto registrare una crescita a doppia cifra per vendite e marginalità. Poi, però, è arrivato Covid… (mv)
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