Nato a Piacenza l’11 luglio 1934, diventa il “re Giorgio” della moda a Milano nel 1965, quando da la Rinascente passa a lavorare con Nino Cerruti. È il compleanno di Armani, protagonista del made in Italy in tutte le sue stagioni. Quelle fondative, quando il fashion del Belpaese scala le gerarchie, si pone in concorrenza con quello francese e si afferma nell’immaginario mondiale. E quelle recenti, quando le attività dei brand si inseriscono nelle dinamiche dell’economia globalizzata. Armani ancora oggi, come dimostra la sua sferzata contro il fast luxury del 2020, si è mostrato capace non solo di leggere e anticipare la moda, ma di darle un indirizzo. Per questo leggiamo con attenzione le sue riflessioni su quello che è accaduto e su quello che può ancora accadere.
Il compleanno di Armani
A Re Giorgio dedica una lunga e ricca intervista 7 de Il Corriere della Sera. Qui commenta una foto iconica scattata a Milano nel 1985, dove compare, vista Duomo, con altri grandi del made in Italy (da Biagiotti a Moschino, passando da Valentino e Krizia). “È un bellissimo scatto, documento di un momento vivo e produttivo per la moda italiana. Allora si faceva davvero sistema e, pur con una sana competizione, c’era una sorta di solidarietà e avevamo una grandissima lealtà gli uni verso gli altri”. La foto è significativa anche vista in controluce: nella prospettiva, cioè, di quanto oggi non c’è più. “Ripenso a quel momento con un po’ di nostalgia, perché quel senso di comunità, di sistema del made in Italy, forse si è perso. Ciascuno di noi ha preso la sua strada, le aziende sono cambiate, lo scenario si è trasformato e noi abbiamo perso il desiderio di concertare le nostre azioni”.
Il mondo che cambia
È possibile tornare indietro? Probabilmente no. “Penso sia un problema che affligge non soltanto la moda, ma la società in generale, che tende a privilegiare l’individualismo – argomenta Armani –. Forse non torneremo a quel punto, ma sono convinto che si possa e si debba fare molto per tornare ad agire in modo collettivo”. È il mondo a non essere più lo stesso. “Quello era un tempo in cui la società stava cambiano moltissimo. Oggi il momento storico è diverso, le rivoluzioni sono molto più difficili. Quindi la mia idea è piuttosto di continuare a evolvere il mio linguaggio nella moda. Che rimane forse ancora rivoluzionario, perché legato alla valorizzazione della persona più che a uno stile che la camuffa. E poi penso che ci sia un momento per ogni cosa, bisogna essere giovani per voler scardinare il mondo. Quando si cresce le priorità cambiano”.
Foto da rassegna stampa
Leggi anche:
- Per Della Valle, Cucinelli e Armani la priorità è il prodotto
- Armani: “Solo in virtuale la moda non sopravvive a lungo”
- La rivoluzione tradita di Armani: il lusso rimane fast