Con Sabato De Sarno nel ruolo di direttore creativo l’identità di Gucci va incontro a una profonda rimodulazione. Ma, mentre si attende che lo stilista (ora in Valentino) assuma effettivamente l’incarico, gli analisti si confrontano (e si scontrano) su quale debba essere questo nuovo corso. A chi invoca, ve ne abbiamo parlato, un Gucci che si riallinei agli standard di sobrietà in linea con Chanel e Louis Vuitton, oggi fanno da controcanto quelli che sostengono che il brand di casa Kering può essere prolifico solo se disruptive. Con, sullo sfondo, l’insidia del fattore tempo. L’impronta di De Sabato si vedrà solo a partire dalle sfilate di settembre: nel frattempo terranno le redini della griffe i team di Alessandro Michele. Sei mesi sono lunghi: ci ballano due trimestri, metà esercizio fiscale.
Dove va l’identità di Gucci
C’è una parte degli osservatori del fashion system, dicevamo, che auspica una Gucci più “sobria”. Ma c’è anche chi vede il marchio fiorentino ormai indissolubilmente legato all’impronta rock dell’ultimo lustro. “Il futuro di Gucci non è diventare un altro Louis Vuitton, Chanel o Hermès – dice a Reuters Antoine Belge, analista di Exane BNP Paribas –, ma investire sul contenuto di moda per attrarre di nuovo i clienti”. È ancora più diretto Luca Solca (Bernstein): “Gucci deve rimanere sopra le righe per fare grandi cose”. Difficile, a suo dire, che riconquisti il centro della scena emulando il mix di innovazione e classicità delle maison francesi.
Il fattore tempo
La nomina di De Sarno è “una scelta coraggiosa che può portare buoni risultati”, chiosa Flavio Cereda (Jefferies). Che però sottolinea come il fattore tempo si pone come un’insidia. Gucci deve superare prima una fase di interregno. In attesa del nuovo direttore creativo, a guidare il brand saranno i team di Michele. Vuol dire che i mercati (sia azionari, ma anche di consumo) devono sopportare lunghi mesi di transizione.
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