Burberry, come suggerisce Business of Fashion, potrebbe (soprattutto: vorrebbe) diventare il Gucci britannico. Per riuscirci, il nuovo CEO Jonathan Akeroyd seguirà il piano del suo predecessore (Marco Gobbetti) o cambierà strada? La scelta, oggi, non è semplice, date le complicazioni derivate da due fattori. Primo: la guerra in Ucraina. Secondo: la politica zero Covid in Cina che ha già lasciato il segno (negativo) a marzo, l’ultimo mese dell’esercizio finanziario annuale della griffe inglese. Lo si capisce analizzando i risultati preliminari di bilancio (2021/2022) diffusi da Burberry che evidenziano, nonostante tutto, una crescita importante, legata alla politica del “prezzo pieno”. La quale permette alla griffe di confermare (per ora) le prospettive per l”esercizio in corso.
Il prezzo pieno premia Burberry
È la crescita rispetto all’ultimo bilancio preCovid delle vendite a prezzo pieno degli articoli di pelletteria, +28%, che si associa a quella dei capispalla: +39%. “Non vedo l’ora di definire i miei piani per costruire su queste solide basi e accelerare la crescita in occasione dei risultati intermedi di novembre ” è il commento di Jonathan Akeroyd, CEO di Burberry. L’ex manager di Versace ha preso il posto di Marco Gobbetti (ora da Ferragamo) che aveva avviato con Burberry un piano strategico pluriennale.
Il piano di Burberry
L’obiettivo rimane quello di elevare il posizionamento del marchio, riducendo grossisti e sconti, investendo sulla pelletteria. I dati dimostrano che il piano sta funzionando anche in virtù della continuità creativa garantita dalla presenza di Riccardo Tisci che ha, a sua volta, avviato un’evoluzione stilistica del brand.
I fattori critici (che son quelli di tutti)
Burberry ora deve fare i conti con la guerra in Ucraina e con il Covid in Cina. Nel primo trimestre 2022, infatti, le vendite dei negozi comparabili sono cresciute “solo” del 7% rispetto al periodo gennaio-marzo 2021. “I lockdown per Covid in Cina hanno pesato sulla performance a marzo” sottolinea la griffe. Bene Cina e Corea. Ancora meglio gli USA. Complessivamente i ricavi dell’esercizio 2021-2022 sono cresciuti del 23% sull’anno precedente arrivando a 2,83 miliardi di sterline (3,3 miliardi di euro). Risultato che vale il +10% rispetto all’esercizio 2019-2020. (mv)
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